Apro come sempre con un pensiero alla guerra ancora in corso in Ucraina per via della folle volontà espansionistica di Putin che potrà concludersi solo con la ricacciata dell’invasore entro i propri confini e a cui si è aggiunto di recente una preghiera per le vittime degli orrori in corso nella Striscia di Gaza. Venendo al nostro Paese, mentre il governo Meloni cerca di capitalizzare in termini di consenso il momento favorevole nel quale l’inflazione si riduce per l’azione incisiva della BCE e le tensioni sulla sostenibilità del nostro debito rimangono anestetizzate dagli stimoli del programma Next Generation EU. I segnali del declino economico e sociale dell’Italia restano evidenti a tutti quelli che hanno occhi per vedere e strumenti per capire. L’economista Ugo Panizza ha recentemente evidenziato sul social network X, la vecchia Twitter che, in riferimento a un recente working paper intitolato Welfare Working Nations, l’Italia sia l’unico paese tra quelli analizzati a evidenziare una crescita del PIL scalato per la popolazione in età lavorativa significativamente inferiore agli altri. Che vuol dire questo? Che nei paesi sviluppati la popolazione invecchia e la quota di quelle in età lavorativa si riduce nel tempo.
Guardando a un indicatore che tiene conto di questo fenomeno che rapporta la crescita del PIL alle persone che hanno l’età per lavorare, vediamo che quasi tutti i paesi crescono in modo simile e il quasi è dato dall’Italia che rimane indietro. Lo stesso Panizza nella discussione social segnala come lettura un paper di Pellegrino e Zingales dove leggiamo che a metà degli anni 90 la crescita della produttività italiana subisce una rilevante battuta d’arresto, probabilmente per l’incapacità di sfruttare appieno la l’evoluzione nel settore ICT e per la prevalenza di un sistema poco meritocratico nella selezione e remunerazione dei manager. Nel 2023 la crescita della ricchezza delle nazioni è fortemente collegata con la libertà che gli individui dispongono di assumersi rischi, talvolta fallire, innovare, in qualche caso dare vita a vere e proprie rivoluzioni, come accaduto ieri con Internet e oggi con intelligenza artificiale. L’Italia, su tutti questi fronti rimane drammaticamente indietro, prima per atteggiamento culturale e poi per le necessarie e logiche conseguenze sociali ed economiche.