Episodio 24 – Napoli, RDC e il welfare danese
Qualche giorno fa l’attenzione dei media è stata catturata dalla notizia che l’importo speso per il reddito di cittadinanza nella sola città di Napoli pari a circa 102 milioni era in linea con questo impiegato per tutto il nord Italia per un totale di 109 milioni.
Tra le varie considerazioni che si potrebbero fare su questi numeri spicca la distanza tra il tessuto economico delle regioni del nord e quelle del sud, che resta considerevole nonostante i volumi ingenti di trasferimenti dalle are più ricche a quelle più disagiate.
A ben guardare la vera complicazione risiede nella obiettiva difficoltà nel valutare i risultati di uno strumento che è per costruzione distorto e diffusionale poiché sovrappone due ambiti che andrebbero tenuti distinti come la lotta alla povertà e il sostegno temporaneo per chi è in cerca di una occupazione.
A questo proposito un modello a cui guardare è quello del welfare danese nel quale il necessario complemento di un sistema molto generoso con chi perde il lavoro o si trova in difficoltà è dato da un mercato del lavoro vitale nel quale in assenza di limiti alla possibilità di licenziare è di fatto molto più facile assumere e da un vasto programma di politiche attive per riqualificare e ricollocare i lavoratori che include clausole che riducono o eliminano l’accesso ai benefici per chi non si attiva.
Dunque la chiave per un sistema di protezione sociale che sia meno iniquo e più efficiente consiste nel concentrarsi non solo su quanto si spenda, ma soprattutto sul come. Fondamentale a questo proposito è la collaborazione e integrazione tra un sistema efficace di politiche attive del lavoro e quadro normativo che alle forze del mercato elasticità sufficiente per creare, distruggere e trasformare i posti di lavoro in modo da adeguarsi ai cambiamenti della società.