Episodio 26 – Libertà e (è?) pari opportunità
Uno degli obiettivi principali del governo Draghi, a partire dal primo discorso presentato per chiedere la fiducia alle camere, fino alle articolazioni di dettaglio del PNRR, riguarda il contrasto alle discriminazioni di genere.
Citando alla lettera da quel primo discorso leggiamo che:
<<Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro>>
Si tratta di un obiettivo molto nobile, ma che sottende la necessità di una revisione radicale dei rapporti di lavoro, tradizionalmente troppo rigidi: solo introducendo elementi di estesa flessibilità che consentano in misura sufficiente ad esempio di lavorare da remoto e con orari variabili è possibile ipotizzare un ragionevole equilibrio tra vita privata e carriera professionale.
Ma questo comporta responsabilità per i lavoratori che accedono a questo tipo di opportunità e sanzioni per quelli che ne abusano ed in ultima istanza l’accettazione che anche la retribuzione e le altre voci che incidono sul costo del lavoro siano sufficientemente flessibili per essere coerenti con questo schema.
C’è allora una parità di genere di facciata, calata dall’alto e illiberale, rappresentata dalle farisaiche quote rosa che amplificano le disparità e non risolvono il problema.
C’è in alternativa un approccio liberale alla parità di genere che si configura come eguaglianza nelle opportunità declinata con una gestione flessibile basata sulla fiducia da parte dei datori di lavoro e sulla responsabilità individuale dei lavoratori.