Questa rubrica ribadisce in apertura il sostegno alla causa del popolo Ucraino ingiustamente invaso dalla Russia e ribadisce Si licet magnis componere Parva che la rilevanza di questa tragedia umanitaria per gli equilibri sociopolitici mondiali si sono pronunciati banchieri centrali di oggi e di ieri come Visco e Draghi.
Di recente si è discusso della possibilità che la Brembo, una importante azienda italiana che produce impianti frenanti, possa trasferire la propria sede legale nei Paesi Bassi come peraltro hanno fatto in passato altri nomi importanti.
L’elemento di attenzione è che la sede fiscale dell’impresa rimarrebbe in Italia, così come le azioni continuerebbero ad essere quotate alla borsa di Milano.
La nota dolente è che si tratta dell’ennesima conferma di quanto il nostro apparato giuridico e istituzionale sia inadeguato alla presenza di grandi imprese multinazionali. Non si può gridare con demagogia alla fuga dalla tasse, ma occorre prendere atto che si tratta di una scelta strategica per non sacrificare le aspirazioni globali di una grande impresa italiana.
Siamo dunque un paese dal quale oltre ai cervelli in fuga, che si spostano alla ricerca di ambienti più fertili e meritocratici, anche le aziende più innovative e vocate all’eccellenza sono costrette a uscire se vogliono perseguire l’obiettivo concreto di sviluppare il proprio potenziale.
I problemi dalle distorsioni del sistema giuridico alle inefficienze della pubblica amministrazione sono ampiamente noti, come sono note le soluzioni e le riforme necessarie. Possiamo chiederci per quanto ancora competenze, capitali, energie individuali dovranno defluire dal nostro paese prima che ci si renda conto che sono questi oggi i fattori determinanti la ricchezza delle nazioni e che, in mancanza di una drastica inversione di tendenza ci attende un futuro di povertà e arretratezza rispetto ai paesi a noi comparabili.