Quattro punti preziosi, contenuti nelle parole del ministro degli esteri, Enzo Moavero Milanesi, suscitano il plauso e inducono una perplessità. Si tratta di un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, che non è un dettaglio e ci arrivo circa la perplessità. Prima quel che conta, il contenuto.
Dice il ministro:
1) il testo degli accordi di Dublino, nella loro quarta versione (attualmente è in vigore la terza, segno che le cose si possono cambiare ed effettivamente sono già cambiate), non andava bene, così come già aveva osservato il precedente governo, il No italiano, quindi, non è una novità;
2) diversi Paesi europei hanno espresso opinioni negative, ma non sono assimilabili fra loro, dato che si tratta di rifiuti per ragioni non coincidenti;
3) in particolare per quel che riguarda l’Ungheria e i Paesi di Visegrad, il loro No non è assimilabile a quello italiano, coincide tatticamente, ma è frutto di visioni e interessi praticamente opposti;
4) la cosa più importante: proporremo che tutti i Paesi dell’Unione europea siano chiamati a comune responsabilità e gestione di punti di raccolta e riferimento, da organizzarsi presso i Paesi di partenza degli emigranti, in modo da distinguere subito fra i profughi, che hanno diritto all’assistenza e all’accoglienza, e gli emigranti economici, che si deve decidere, anche caso per caso, se far entrare o meno.
Il quarto punto è decisivo ed è quanto proponiamo da anni. Noi facendo riferimento a una zona extraterritoriale, che può essere giuridicamente tale anche se in territorio Ue, come può essere tale se presa presso Paesi terzi. E noi chiedendo che non solo vi sia comune gestione e responsabilità, ma anche comune giurisdizione. Ma la sostanza è coincidente, quindi trovo assai positive le parole del ministro.
La perplessità è questa: Moavero Milanesi e Tria, ministro dell’economia, hanno entrambe parlato al Corriere, entrambe intervistati da Federico Fubini (bravo), entrambe detto cose ragionevoli e apprezzabili. Ma, inutile far finta di non vederlo, cose non proprio coincidenti con quelle dette e praticate sia da altri ministri che dalla propaganda, elettorale e post elettorale, delle due forze politiche che compongono il governo. Quale è la linea del governo? È possibile conciliare le parole ragionevoli con le parole reboanti e di senso diverso, se non opposto? Si può aizzare e promettere, salvo poi governare con ragionevolezza?
La risposta oggi è affermativa: si può. Lo stanno facendo. Ciò deriva, in gran parte, dall’assenza dell’opposizione. Tale non è solo l’insieme dei parlamentari che votano contro il governo, ma le forze politiche e culturali che hanno cose diverse da dire e capacità di sostenerle. Oggi non c’è.
Da una parte leggiamo con piacere le parole di Moavero Milanesi e Tria, traendone motivi di tranquillità. Dall’altra abbiamo il dovere di segnalare la perplessità. Talora l’inganno e l’illusione possono servire. Alla lunga guastano.
Davide Giacalone, 17 giugno 2018