Nell’ambito del progetto “LiberaLibri”, anche per il 2022 riprendono le “Letture dalla Biblioteca” della Fondazione Luigi Einaudi. La quinta lettura, selezionata da Ottavia Munari, è un passo tratto da “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme” di Hannah Arendt.
La Arendt era stata inviata in Israele dal New Yorker per assistere al processo a Otto Adolf Eichmann, gerarca nazista e tra i maggiori responsabili della messa in atto della “Soluzione Finale”, catturato – seppur senza il consenso del governo argentino – in un quartiere suburbano di Buenos Aires l’11 maggio 1960 e chiamato a rispondere davanti al tribunale distrettuale di Gerusalemme a 15 imputazioni, avendo commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico, crimini contro l’umanità e crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale.
Il processo a Eichmann condusse Arendt a riformulare le proprie argomentazioni: se ne “Le origini del totalitarismo” ad affiorare è l’idea che il male peggiore sia appunto quello radicale, in “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme” la studiosa si spinge oltre, dichiarando che il male non è mai radicale, è soltanto estremo, esso non possiede una profondità ma si diffonde in superficie, come un fungo, invadendo il mondo intero.