Lo scrivere a mano mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello, creando una «memoria motoria»
L’invito a esercitare la scrittura a mano, e particolarmente il corsivo, viene ormai dagli scienziati quasi più che dagli esperti di didattica e dai linguisti. Quando si parla di pensiero, linguaggio, scrittura, tendiamo a pensare al mondo della cultura, mentre dimentichiamo che si tratta di fenomeni culturali che hanno un fondamento biologico. È quanto dice l’immunologa e accademica della Crusca Maria Luisa Villa: un seminario all’Università Cattolica di Milano su «Lingua e scrittura nell’oggi digitale» è dedicato proprio a questi temi sentiti ormai con urgenza anche dai neurologi e dai neuropsichiatri (sempre alla Cattolica se ne parlerà ancora il 13 marzo e il 10 aprile).
Lo scrivere a mano, ricorda Villa, mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello, creando una «memoria motoria». Un tempo, le scuole di scrittura avevano per oggetto la calligrafia, oggi puntano sulla creatività, come se manualità e creazione fossero due mondi separati. Semmai, la scrittura è tutta delegata ai polpastrelli che digitano il più rapidamente possibile sulla tastiera o sullo schermo: a scuola la lentezza del corsivo sempre più cede il passo alla semplificazione del maiuscoletto e nella quotidianità trionfa la digitazione. Faceva notare qualche giorno fa il linguista Raffaele Simone sull’«Avvenire» che «solo per una sorta di inerzia lessicale continuiamo a chiamare scrittura un comportamento che non somiglia a ciò che, nel tempo, si è indicato con questo termine». Visto che siamo esterofili, non guasterà sapere che in California la scrittura in corsivo è tornata obbligatoria nelle scuole primarie dopo che una legge del 2010 aveva promosso l’uso del computer. Indietro tutta. Kant considerava la mano (non il polpastrello) come il cervello esterno dell’uomo.
Paolo Di Stefano, corriere.it