“La riforma? Un successo ma parziale. Non c’è nessuna vendetta contro i magistrati, ma solo una la magistratura che vuole portare a processo la politica”. La versione dell’ex giudice della Consulta
Così parla Cassese. Per iniziare, un consommé. La riforma del Csm è una “vendetta” contro i magistrati come dice un magistrato? “E’ l’errore di chi pensa che una parte della società, la magistratura, possa ‘portare a processo’ un’altra parte della società, la politica”. Lo sciopero? “Sarebbe la prova che le toghe amano farsi del male”. Mario Draghi deve mettere la fiducia? “Dal punto di vista del buon funzionamento delle istituzioni, non vi sono difficoltà”.
Caro professore, cosa preferisce? Sorteggiamo le domande o i magistrati? “Io non farei tante ironie sul sorteggio. Nell’antica Grecia e a Venezia, quando questa era una potenza mondiale, il sorteggio fu ritenuto uno strumento autenticamente democratico e fu anche ampiamente utilizzato. I costituenti americani l’hanno preso in attenta considerazione come alternativa all’elezione”.
Dunque anche per il Csm? “Non può essere utilizzato perché sarebbe in contrasto con il chiaro dettato dell’articolo 104 della Costituzione nel quale c’è scritto che i membri del Csm sono ‘eletti’ dai magistrati”. Nuovo Csm eletto con sistema maggioritario, aggiustamento proporzionale, ma con sorteggio dei collegi. Un successo della ministra Cartabia o solo un rompicapo? “La riforma imbocca la strada giusta, è da salutare come un successo, anche se parziale”.
“Un successo ma parziale”. Professore Cassese, continuiamo? “Ora bisognerà lavorare al modo di funzionamento del Csm. Questo non può operare come una specie di Parlamento dei giudici”. Prendiamo il calendario. Il 19 aprile la riforma andrà in Aula per il voto ed è già stato annunciato lo sciopero. “Trafitti da un raggio di riforma ed è subito sciopero”.
Una curiosità: i magistrati sono crepuscolari o sono solo malmostosi che leggono Ungaretti? “Nulla di tutto questo. Se si ricorrerà allo sciopero e se saranno molti a scioperare, bisognerà concludere che i membri dell’ordine giudiziario amano farsi male. Dovrebbero leggere l’ultimo libro di Stephen Breyer sull’autorità della Corte e il pericolo della politica. Breyer, uno dei più acuti giuristi nordamericani, che ha appena lasciato la Corte suprema, nella quale ha lavorato per più di un quarto di secolo, sottolinea l’importanza della fiducia dei cittadini nei giudici. In Italia, negli ultimi dieci anni, questa fiducia è fortemente diminuita e uno sciopero, specialmente in queste condizioni del paese e del mondo, la farebbe diminuire ancor di più”.
Sarebbe una specie di sciopero a “futura riforma”? “Peggio: uno sciopero contro il governo e il Parlamento sarebbe la dimostrazione che l’ordine giudiziario si ritiene una cittadella nello stato”.
Con la riforma è stop alle porte girevoli. Evviva! L’autore de “Il governo dei giudici” (Laterza) un noto consumatore di minestrine, Sabino Cassese, ricorda che già nel 1968, Cesare Castellano parlava di crisi della giustizia. E’ un trionfo stabilire che i magistrati eletti non possono tornare a giudicare o solo un ritardo con la modernità? “Lei confonde minestra e passato di verdure. Lasciando gli aspetti gastronomici, è fondamentale che la giustizia sia indipendente e imparziale e che venga percepita come tale. Posso ritenere imparziale un giudice del quale so che, prima di giudicarmi, ha fatto parte di un partito o è stato attivo nel mondo politico? Partito e imparzialità sono due concetti contrapposti. Se il ministero della giustizia è occupato da magistrati, che senso ha l’articolo 110 della Costituzione secondo il quale “ferme le competenze del Csm, spettano al ministro della Giustizia l’organizzazione del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”? Questo articolo non presuppone che i magistrati siano presenti nel Csm, ma non nel ministero?”.
La riforma spezza il potere delle correnti o è solo una piccola corrente d’aria fresca? “Il problema non sono le correnti, ma il fatto che esse si comportino come partiti e trasformino il Csm in un Parlamento. Se il Csm funzionasse in tutt’altro modo, come un collegio di ponderazione delle qualità e del merito dei magistrati, valutando il loro curriculum, giudicando la loro opera, scegliendo su base comparativa e secondo il criterio del merito, il problema sarebbe risolto”.
Professore, la Lega dice che la giustizia si cambia con i referendum. Lei voterà? “L’articolo 75 della Costituzione parla del ‘diritto di partecipare al referendum’. Il referendum è uno dei modi con cui il cittadino partecipa alla comunità. Se i cittadini si astengono dalla partecipazione, lo Stato avrà un minore tasso di democrazia”.
Bene. Tenendo conto che la riforma è essenziale per ottenere le risorse del Recovery, Draghi dovrebbe porre la questione di fiducia? “È una scelta politica che va fatta in relazione alla congiuntura e agli atteggiamenti delle forze politiche; dal punto di vista del buon funzionamento delle istituzioni, non vi sono difficoltà, salvo il problema più generale dell’eccessivo ricorso alla questione di fiducia, che è sempre segno di un malfunzionamento dei rapporti tra governo e la sua maggioranza”.
Cassese scrive che “i magistrati italiani iniziano a lavorare con un livello retributivo quasi doppio di quello dei loro colleghi francesi e tedeschi”. Non è che i magistrati italiani guadagnano troppo? “Quei dati sul trattamento retributivo dei magistrati italiani, comparato con quello dei magistrati degli altri paesi sono pubblicati nelle statistiche giudiziarie europee. Io penso che dovrebbero guadagnare anche di più e che il vero problema non è quanto guadagnano, ma quanto lavorano, con quanta dedizione, con quanto rispetto delle regole di giustizia e di riservatezza, quanto l’offerta di giustizia risponde alla domanda di giustizia”.
Concludiamo. La riforma della giustizia Cartabia risponde, citiamo un’intervista al pm Nino Di Matteo, “a una voglia di vendetta nei confronti della magistratura che è stata capace di portare a processo la politica”? “Il silenzio è d’oro, si diceva una volta”. E se parlassimo ancora un po’? “In quella frase ci sono tre errori. Quello di ritenere che una parte della società, la magistratura, possa “portare a processo” un’altra parte della società, la politica. Quello di pensare che un governo presieduto da Draghi, con Cartabia ministra della giustizia, possa essere animato da un desiderio di “vendetta”. Quello di ritenere che un magistrato possa esprimersi in tal modo sugli organi costituzionali della Repubblica”.
L’intervista di Carmelo Caruso su Il Foglio