Negli ultimi anni si è parlato tanto della sovranità nazionale, soprattutto a livello monetario. Spesso a sproposito. Sovranità monetaria, infatti, vuol dire “stampare moneta”, cioè inflazione, debito pubblico e povertà per i cittadini.
Lo stesso Einuadi aveva ben argomentato la propria posizione in merito in questo scritto del 1944 che proponiamo. Parole chiare che vale la pena di rileggere:
“Il disordine attuale delle unità monetarie in tutti i paesi del mondo, le difficoltà degli scambi derivanti dall’incertezza dei saggi di cambio tra un paese e l’altro e più dalla impossibilità di effettuare i cambi medesimi, hanno reso evidente agli occhi di tutti il vantaggio che deriverebbe dall’adozione di un’unica unità monetaria in tutto il territorio della federazione. se, dappertutto in Europa […], si ragionasse e si conteggiasse e si facessero i prezzi di beni e di servigi, ad esempio, […] in lire zecchine, quanta semplificazione, quanta facilità nei pagamenti, nei trasferimenti di denaro, nei regolamenti dei saldi! […] il vantaggio del sistema non sarebbe solo di conteggio e di comodità nei pagamenti e nelle transazioni interstatali.
Per quanto altissimo, il vantaggio sarebbe piccolo in confronto di un altro, di pregio di gran lunga superiore, che è l’abolizione della sovranità dei singoli stati in materia monetaria.
Chi ricorda il malo uso che molti stati avevano fatto e fanno del diritto di battere moneta non può aver dubbio rispetto alla urgenza di togliere ad essi cosiffatto diritto. Esso si è ridotto in sostanza al diritto di falsificare moneta […]. E cioè al diritto di imporre ai popoli la peggiore delle imposte, peggiore perché inavvertita, gravante assai più sui poveri che sui ricchi, cagione di arricchimento per i pochi e di impoverimento per i più, lievito di malcontento per ogni classe contro ogni altra classe sociale e di disordine sociale.
La svalutazione della lira italiana e del marco tedesco, che rovinò le classi medie e rese malcontente le classi operaie fu una delle cause da cui nacquero le bande di disoccupati intellettuali e di facinorosi che diedero il potere ai dittatori.
Se la federazione europea toglierà ai singoli stati federati la possibilità di far fronte alle opere pubbliche col far gemere il torchio dei biglietti, e li costringerà a provvedere unicamente colle imposte e con i prestiti volontari, avrà, per ciò solo, compiuto opera grande. Opera di democrazia sana ed efficace, perché i governanti degli stati federati non potranno più ingannare i popoli, col miraggio di opere compiute senza costo, grazie al miracolismo dei biglietti, ma dovranno, per ottenere consenso a nuove imposte o credito per nuovi prestiti, dimostrare di rendere servigi effettivi ai cittadini.”
Luigi Einaudi, I problemi economici della federazione europea, scritto per il Movimento federalista europeo e pubblicato nelle Nuove Edizioni di Capolago, Lugano, 1944, poi raccolto in La guerra e l’unità europea, Milano, Edizioni di Comunità, 1948, pp. 38-40.