Maurizio Ferrera: I nuovi traguardi europei

Maurizio Ferrera: I nuovi traguardi europei

La crisi Covid ha costretto la Ue a una straordinaria prova i di resistenza, che si è felicemente conclusa con l’accordo del 21 luglio. Grazie al piano Next Generation Eu, la Commissione sarà autorizzata a indebitarsi per 750 miliardi al fine di rilanciare l’economia europea. Tale debito sarà ripagato con nuove imposte espressamente destinante ad alimentare il bilancio Ue.

Si tratta di due passi molto importanti, che avvicinano l’Unione al modello federale. Ma sarebbe un grave errore mettersi adesso a dormire sugli allori: l’abbrivio riformista non va interrotto. Innanzitutto l’accordo di luglio deve essere approvato dal Parlamento Ue, inserito nel nuovo quadro di bilancio pluriennale 2021-2027 e messo in relazione con il più vasto piano di stimolo alla transizione verde. La sfida è tuttavia quella di individuare nuovi traguardi. In autunno sarà formalmente convocata la Conferenza sul futuro dell’Europa, voluta da Ursula von der Leyen, con il sostegno di Macron e Merkel. L’idea è quella di un dibattito a tutto campo, aperto anche alla società civile, sul rafforzamento della Ue. I grandi dibattiti possono svolgere importanti funzioni di legittimazione e costruzione di identità.

Non basta però discutere, occorre porsi degli obiettivi. Per ora, quelli della Conferenza non sono affatto chiari.

Quali potrebbero essere? I sistemi politici si consolidano investendo in tre direzioni: confini, comandi (le istituzioni decisionali) e condivisioni. Possiamo chiamarla “agenda delle tre c”. È su questi fronti che occorre impegnarsi.

Confini. Le frontiere esterne della Ue sono deboli e poco visibili. Il tema è delicato, riguarda il cuore stesso delle sovranità nazionali. Di fronte alla sfida dell’immigrazione è però urgente procedere a un trapianto: il cuore va collocato a Bruxelles. Il cosiddetto sistema di Dublino è diventato non solo inefficace nel contenere e gestire i flussi, ma sempre più divisivo sul piano politico, sia fra Paesi sia all’interno di ciascun Paese (Salvini docet). Rallentata dalla pandemia, la transumanza di disperati fra la sponda sud e quella nord del Mediterraneo sta velocemente recuperando i ritmi pre-crisi. La situazione in Libia è una bomba a orologeria. Il traguardo da porsi è chiaro: la Ue deve rafforzare la sorveglianza del proprio confine mediterraneo e introdurre un nuovo e più equo regime di asilo e di distribuzione dei migranti. Il debito comune e le risorse proprie decise a luglio costituiscono un salto di qualità in termini di sovranità fiscale. Un salto analogo va ora fatto in termini di sovranità territoriale.

Comandi. Le regole decisionali Ue sono troppe, in molti settori vige ancora l’unanimità. Il Parlamento non conta quanto dovrebbe. Occorre estendere il voto a maggioranza qualificata e coinvolgere maggiormente i rappresentanti eletti dei cittadini europei. Attenzione però: ci sono diversi tipi di maggioranza qualificata, non tutti rispettano i principi democratici. Le decisioni sui deficit di bilancio (i famosi «numeretti») seguono ad esempio regole maggioritarie che privilegiano i Paesi del Nord: un sistema che va cambiato, insieme all’intero Patto di stabilità. Le competenze della Ue potrebbero inoltre essere rafforzate in alcuni campi cruciali. La sovranità fiscale non può reggere senza un po’ di sovranità tributaria, capace di scoraggiare le politiche opportunistiche di alcuni Paesi, soprattutto l’Olanda.

 Condivisione. La crisi Covid ha permesso di recuperare quell’ethos di solidarietà paneuropea gravemente eroso nello scorso decennio. Senza disponibilità all’aiuto reciproco in caso di avversità non può esserci comunità politica. Nelle unioni federali (come gli Usa o la Svizzera) si e arrivati a centralizzare sia la redistribuzione territoriale sia i principali schemi di assicurazione sociale. La Ue dovrebbe imitare le unioni federali almeno nella tutela della disoccupazione. Abbiamo un mercato e una moneta comuni, che generano molti vantaggi, ma anche alcuni rischi economici (e occupazionali) asimmetrici fra Paesi. Negli Usa e in Svizzera l’assicurazione contro la disoccupazione è cogestita dai singoli stati/canto-ni insieme al centro federale. Esistono già proposte concrete per realizzare un sistema simile anche nella Ue. I cittadini europei hanno aspettative molto elevate sul terreno del welfare. Il sostegno all’integrazione dipende pertanto in modo cruciale dal molo che la Ue saprà svolgere anche su questo fronte, mostrando un volto amico e protettivo. Secondo la famosa «teoria della bicicletta», l’Europa sta in piedi solo se resta sempre in movimento. Il Covid ci ha costretto a un rush quasi spasmodico. Ora possiamo rallentare un po’, ma sarebbe un grave errore fermarci solo per «chiacchierare» in libertà. La Conferenza sul futuro ha un senso solo se saprà spronarci a pedalare verso nuove mete. Per realizzare quella «unione sempre più stretta» in cui ci siamo impegnati sin dal Trattato di Roma, nel lontano 1957.

 

Maurizio Ferrera

Corriere della Sera, 31/08/20

 

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