Quel che fa rabbia è che non si riconoscono le nostre vittorie. È considerato oltraggioso ricordare i valori profondi e vincenti del nostro mondo, quello delle democrazie, mentre le nostre sconfitte sono esaltate quali dimostrazioni che ce le meritiamo, che ne siamo noi la causa. Da una parte si pretende che il male possa essere espulso dalla storia, dall’altra si vuole che di tutto il male noi si sia la causa e i colpevoli. Gli altri vanno compresi. Non si vuole che si parli mai delle colpe altrui, del tritacarne azionato dalle dittature, ma ci si crogiola nelle nostre. Vere o presunte. Quanti abitano il nostro mondo detestandolo vogliono che a noi spetti il ruolo esclusivo di colpevoli, mentre quanti non lo abitano e lo ammirano, semmai, ci considerano colpevoli di non fare abbastanza perché libero sia anche il loro mondo. Qualcuno, fra noi, si era illuso, dopo il crollo del comunismo, di avere vinto per sempre, dimenticando i tanti, fra noi, che ci vogliono vinti per sempre.
Conosciamo le radici storiche di questo inesauribile e insensato senso di colpa occidentale, ma questa lussuria del passare dal descriversi come sopraffatti e annientati al vederci sopraffattori e annientatori ha un che di psichiatrico.
In realtà il nostro modo di vivere è vincente ovunque. Guardate la distanza fra la Corea del Nord e quella del Sud, chiedete a chiunque dove andrebbe a vivere. La differenza non è genetica o culturale, non è nel passato lontano, ma nel presente: una è stata chiusa al nostro mondo, l’altra lo ha abbracciato. Girate le metropoli cinesi e guardate i più giovani (ma non solo): le cineserie attirano noi, loro sono attirati dai nostri costumi, film, vestiti. Volate in America Latina, Cuba compresa, ascoltate la musica: certo per noi sono impareggiabili i ritmi che riconosciamo come inseparabili da quel mondo, ma nei locali non turistici si suona la colonna sonora del mondo, che nasce dal nostro mondo. E così via. Non significa che le differenze scompaiono, anzi sono preziose, ma il nostro mondo è un faro.
Ma niente, bastano dei fanatici fondamentalisti, i barconi di disperati, ora un feroce dittatore che esplode di gas e subito parte la litania della nostra sconfitta, delle nostre divisioni, delle nostre debolezze e, naturalmente, delle nostre colpe. E invece, ancora una volta, vinceremo noi. Ce lo ricorda l’ottimo Nikolaj Platonovich Patrushev, presidente del consiglio di sicurezza della federazione russa. Il quale, dopo avere ripetuto una manicata di balle putiniane, giunge al punto e spiega perché loro, i russi, vinceranno: <<Gli europei (…) hanno adottato i cosiddetti valori liberali, anche se in realtà si tratta del neoliberismo che promuove la priorità del privato sul pubblico, l’individualismo che sopprime l’amore per la Patria. Con una tale dottrina l’Europa non ha futuro>>. Grazie. Intanto per averci ricordato chi è il suggeritore della confusione fra libertà e liberismo, che se non fosse una minchioneria in sé meriterebbe il ricordo che più della metà della nostra economia e della nostra Borsa è in mano pubblica, il che, rispetto ai gerarchi del putinismo che si sono intestati l’economia russa fa di noi un eccelso esempio di socialismo. Ma questo è solo un dettaglio.
Il fatto che l’individuo venga prima dello Stato, che il secondo è al servizio della comunità dei primi e non viceversa, che la voglia di fare, cambiare, innovare, investire, consumare dei privati è solo una delle facce della libertà, che è anche di pensare, parlare, scrivere, non configura i nostri decadenti valori, ma l’universale aspirazione dell’umanità. Quello che lo zelante custode del manuale oscurantista descrive come perdente è la vittoria di Pasternak (russo, ove il mezzemaniche dello sterminio non lo sapesse) su tutti i Putin del passato e del presente. Sperando non ve ne siano in futuro. E se ce ne saranno, faranno la stessa fine.
Certo che il nostro mondo libero commette errori. Anche nefandezze. Ma siano noi a raccontarle, noi a condannarle. Loro, i putiniani dell’oppressione, le ricordano per giustificare le loro. Sappiamo bene che taluni di noi abboccano, avendo in odio la libertà, che è anche responsabilità. È un lusso che possiamo permetterci, perché c’è un dettaglio: siamo migliori. E manco di poco.
La Ragione