Nessun “fraintendimento”, le parole di Mattarella su Putin sono inequivocabili (e giuste)

Nessun “fraintendimento”, le parole di Mattarella su Putin sono inequivocabili (e giuste)

Sopire, troncare… troncare, sopire: sì, ma perché? Il 5 febbraio, a Marsiglia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato un discorso chiaro, esplicito, inequivocabile. Un discorso in difesa del multilateralismo, e in modo particolare delle Nazioni Unite, di critica al protezionismo, di rammarico per l’isolazionismo americano. Se a qualcuno avrebbero dovuto fischiare le orecchie, quel qualcuno è Donald Trump. Donald Trump e i suoi cantori europei.

Il paragone tra il contesto globale odierno e gli Anni Trenta del Novecento fatto da Sergio Mattarella era, con tutta evidenza, volto a scuotere le coscienze dei governi e delle opinioni pubbliche occidentali. Due i passaggi chiave. Il primo: “Emblematico rimane l’Accordo di Monaco del 1938, che concesse alla Germania nazista l’annessione dei Sudeti, territorio della Cecoslovacchia. Un abbandono delle responsabilità condusse quei Paesi a sacrificare i principi di giustizia e legittimità, nel proposito di evitare il conflitto, in nome di una soluzione qualsiasi e di una stabilità che, inevitabilmente, sarebbero venute a mancare.

La strategia dell’appeasement non funzionò nel 1938. La fermezza avrebbe, con alta probabilità, evitato la guerra. Avendo a mente gli attuali conflitti, può funzionare oggi?”. Chiaro, no? Chiaro come il riferimento alle “guerre di conquista”. “Il risultato – ha detto il Presidente – fu l’accentuarsi di un clima di conflitto, anziché di cooperazione, pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa… L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura”.

Trump e i trumpiani non hanno reagito. Ha invece reagito Vladimir Putin, che per bocca di Maria Zakharova è saltato alla gola del capo dello Stato italiano accusandolo di essersi abbandonato a “paralleli offensivi, scandalosi e palesemente falsi” tra Adolf Hitler e, appunto, il successore di Stalin al Cremlino. Sappiamo che nel 1939, attraverso i rispettivi ministri degli esteri Ribbentrop e Molotov, il Terzo Reich di Hitler e l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche di Stalin firmarono un trattato di non belligeranza. Sappiamo che il “protocollo segreto” di quel trattato prevedeva il riconoscimento delle rispettive acquisizioni territoriali, acquisizioni realizzate con la forza delle armi, sì che l’Urss poté assicurarsi l’annessione della Polonia orientale, dei Paesi Baltici e della Bessarabia per ristabilire i confini dell’Impero zarista, mentre la Germania si vide riconosciute le pretese sulla Polonia occidentale.

Sappiamo che a rompere quel patto fu la Germania di Hitler, che invase la Russia, obbligando di conseguenza Stalin a schierarsi con le democrazie occidentali. I “28 milioni di morti sacrificati dall’Urss per sconfiggere il Terzo Reich” evocati oggi da Marco Travaglio sul Fatto quotidiano in difesa delle tesi putiniana sono dunque, con tutta evidenza, figli dell’istinto di sopravvivenza di Iosif Stalin, non certo di una sua deliberata strategia antinazista.

Il paragone tra Hitler e Putin fatto da Sergio Mattarella è, pertanto, storicamente fondato. Un parallelo chiaro, chiarissimo. Ad essere poco chiare sono solo le ragioni che hanno indotto il Quirinale e, di conseguenza, i quirinalisti, ad accreditare la tesi del “fraintendimento”.

Huffington Post

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