Quel che adesso raccontiamo è inammissibile. Nessuno creda che sia limitato alla Calabria, anche perché aggredisce e coinvolge Roma. È solo uno degli aspetti di una macchina pubblica che, puntando all’irresponsabilità, genera immobilità, sprechi e morti. Ci siamo incaponiti a capire dopo che una bambina è deceduta nella corsa verso una terapia intensiva. E nessuno provi a dire che sia questione di questa o quella parte politica. Peggio, perché in tanti anni hanno governato tutti. Ora tratteniamo l’umore e veniamo alla sostanza.
Leggiamo, nella relazione della Corte dei conti calabrese, relativa al bilancio sanitario regionale del 2020, che la Regione ha ricevuto dallo Stato, quell’anno, 3 miliardi e 646 milioni. <<La spesa per cassa effettivamente sostenuta (…) non risulta quadrata rispetto alle somme effettivamente incassate (…). Sul punto la Regione non ha fornito spiegazioni>>. I conti non tornano. Per l’emergenza Covid ha ricevuto 115 milioni. Peccato che: <<La gran parte delle risorse giace accantonata nei bilanci delle Aziende e il rafforzamento della rete sanitaria ha portato, finora, alla effettiva creazione di solo 4 posti aggiuntivi in terapia intensiva>>.
Già nel 2019 la percentuale di malati calabresi che devono andare a farsi curare da altre parti era del 19.6, mentre la media nazionale è dell’8.3. Il costo di questo ammonta a 288 milioni. L’anno. In pratica, dividendo per il numero dei calabresi, <<su ogni residente in Calabria grava un debito “da mobilità” di circa € 154>>. Non c’è sanità, ma debiti sanitari. La Corte passa all’esame provincia per provincia, parlando esplicitamente di <<non trasparenza>> e tutto questo <<si è tradotto in una massa debitoria notevole e -per alcuni aspetti- (di) indefinibile ammontare>>. Indefinibile ammontare.
La sanità calabrese è commissariata da 11 anni. Non è un commissariamento, ma un cambio di regime, una distruzione del diritto, un’anomalia intollerabile. E mica riguarda i calabresi, ma tutti. Ricordate il commissario che non sapeva di dovere fare il piano per l’emergenza covid? Incredibile, ma non c’è ancora. Ma fosse solo quello: manca il piano di prevenzione, un piano operativo, non ci sono documenti aziendali, neanche i rendiconti sui fondi utilizzati, i dati sulle singole Aziende, non ci sono gli inventari di quasi nulla, manca anche solo un elenco dei contenziosi e manco sanno quali somme sono già state pignorate. E mi fermo solo per ragioni di spazio. Ora andiamo a Roma.
Il 4 novembre 2021 il Consiglio dei ministri nomina il nuovo commissario, nella persona del presidente della Regione. Ma è un lavoro immane, da farsi a tempo pieno. Così, il 18 novembre, nomina un sub commissario, colonnello dei Carabinieri, già misuratosi risanando la Asl di Salerno (Maurizio Bortoletti). Ad oggi, dopo tre mesi, non è ancora arrivato. O, meglio, è arrivato in vacanza, si è messo in ferie e lavora a sue spese, non retribuito, perché l’iter di nomina non è completato.
L’Arma dei Carabinieri non ha ritenuto di procedere secondo altri precedenti, compreso quello dello stesso colonnello, ma il 29 dicembre (la nomina è del 4 novembre) chiede al Ministero dell’economia come regolarsi circa il distacco e il pagamento. Fine della trasmissione. Non tocca a noi stabilire chi avrebbe dovuto fare cosa, noi osserviamo che qualcuno non ha fatto quel che avrebbe dovuto. Più che un conflitto di poteri su chi debba operare somiglia a uno scaricabarile per lasciare ad altri l’onere della decisione. Nel frattempo la sanità calabra continua a generare debiti, i calabresi ad andare altrove e i contribuenti tutti a pagare il conto. Prima o dopo si moltiplicheranno le inchieste giudiziarie e anziché di come curare parleremo di come processare. Dopo 11 anni di commissariamenti fallimentari, abbondanza di soldi (di cui un miliardo dilapidato) e scarsità d’investimenti. E questa non è una malattia regionale, ma nazionale. Da affrontare prima dell’autopsia.
La Ragione