La Corte costituzionale conferma, con una sentenza, la decisione del governo Letta secondo la quale il “contributo di solidarietà” di tremila euro sulle pensioni più alte non è una tassa aggiuntiva e illegittima, bensì un “prelievo” tutto interno al circuito pensionistico allo scopo di tenerlo in equilibrio.
Così, la Corte costituzionale passa da garanzia per il cittadino contro eventuali abusi del potere politico a strumento per confermare il carattere arbitrario e discriminatorio dello stesso potere politico che sperpera i soldi dei cittadini e poi li tassa per riparare i danni compiuti. Nessuno ha rilevato la mostruosità della sentenza. Lo faccio io qui, dove c’è maggiore sensibilità per diritti soggettivi. Non pare neppure escluso che l’andazzo si riproponga per altri casi nei quali siano in gioco i diritti soggettivi del cittadino formulati dal contratto stipulato con lo Stato grazie al quale, a seguito di anni di contributi versati, gli è corrisposta una pensione adeguata, affinché dopo aver sperperato i propri guadagni non divenga un peso sociale per lo Stato.
L’Italia è una via di mezzo fra il dirigismo fascista e quello sovietico, maturata nel 1948 con la Costituzione detta la più bella del mondo, che è semplicemente una cattiva imitazione di quella sovietica. Vengono così al pettine, con i danni prodotti da una politica di sinistra falsamente sociale e anche le carenze della politica della destra. L’Italia rimane senza una identità statuale definita in senso liberale e un pasticciaccio di destra, truccato di sinistra. Invece della riforma costituzionale che dovrà essere approvata fra un paio di mesi dagli italiani, Renzi avrebbe dovuto provvedere a riparare i danni compiuti nell’immediato secondo dopoguerra, quando ancora permaneva il mito dell’Urss.
Si è persa così un’altra occasione di fare dell’Italia un Paese di cultura liberale inserito fra le democrazie liberali dell’Occidente. Anche il governo di Renzi si rivela un bluff statalista e dirigista quanto erano i governi che lo hanno preceduto e che lui avrebbe dovuto rottamare. Alla bisogna dovrebbero provvedere i media, ma sono anch’essi figli di quella stessa cultura dirigista e statalista che caratterizza il Paese. L’Italia ce la farà mai a diventare finalmente una vera democrazia liberale? Personalmente ne dubito.
A impedirlo è la cultura egemone e fino a quando non farà un bagno in quella democratico-liberale, non ne usciremo. Le premesse neppure si intravedono. Restiamo un Paese dalla cultura terzomondista, illiberale, ancorata come è alla convinzione che spetti allo Stato risolvere i problemi che la società civile non è capace di affrontare e di risolvere autonomamente. E viviamo in una parvenza di Stato di diritto in cui, come dimostra la sentenza della Corte costituzionale, a prevalere è l’incertezza piuttosto che la certezza del diritto.
Piero Ostellino, Il Giornale dell’11 agosto 2016