Il taglio di imposte di Donald Trump è rivoluzionario, perché accanto alla riduzione dell’imposta federale sulle società dall’attuale 35% al 15% (più l’aliquota statale del 5% medio) e di quella personale sul reddito la cui aliquota massima sarebbe il 35%, c’è una speciale flat tax per le persone che partecipano a società di capitali a base personale, che fruirebbero del 15% anche per i proventi loro erogati.
Queste società chiamate pass through (ossia «ponte») negli Usa comprendono gran parte del lavoro autonomo, degli artigiani, le società immobiliari e i fondi di investimento di natura personale.
Appena la riforma Trump è stata presentata, è sorto un grande sghignazzo, come se fosse una idea balzana, basata sulla curva di Laffer, che – a sua volta – sarebbe utopica. Questa curva dice che il gettito di un tributo non aumenta sempre con la crescita dell’aliquota perché quella eccessiva fa flettere l’introito.
L’aumento del gettito derivante dal ribasso di imposta può derivare dalla crescita del Pil che esso genera a livello nazionale o nel settore detassato. La flat tax per i titolari di società di capitali personali può generare nuova occupazione in attività prima non convenienti.
Ma non c’è solo il maggior Pil nel progetto. Rientreranno dall’estero molti proventi di filiali estere di società Usa che ora rimangono fuori perché le tasse negli Usa sono più alte. Inoltre il gettito con imposte moderate spesso aumenta, perché si riduce l’evasione fiscale illegale e quella legale fatta con trucchi costosi come collocare all’estero la proprietà intellettuale di marchi, brevetti, diritti d’autore e fare vendite on line con postazioni in Stati a minor tassazione.
La flat tax parziale, che Trump escogita, in Italia esiste nel settore immobiliare come «cedolare secca» del 21% per i fitti di persone per usi residenziali. Andrebbe estesa agli immobili commerciali, che spesso si trovano negli stessi stabili.
D’altra parte l’imposta personale sul reddito con tre aliquote di Trump ricorda l’Irpef con tre aliquote col tetto al 33% che Berlusconi pose nel suo secondo programma elettorale, alla flat tax attuale di Forza Italia e a quella che io ho presentato a Silvio due anni fa, su iniziativa del senatore Romani e che sto aggiornando al 2017, con aliquota di base del 23% che diventa il 24,5 con le addizionali locali; e che, per gli imponibili al di sopra d’un dato importo è affiancata da una addizionale per il servizio sanitario che sale dall’1% al 3,5%.
Questa flat tax assicura eguaglianza di gettito senza effetto Laffer, perché nel progetto, sopra un dato imponibile, cessano le attuali detrazioni e deduzioni fiscali, salvo quelle per terapie gravi. Tradurre il piano Trump in progetti italiani farà bene all’occupazione, all’economia, all’etica tributaria e alla libertà dalle schiavitù fiscali.[spacer height=”20px”]
Francesco Forte, Il Giornale 28 aprile 2017