Se si chiede perdono si deve anche ammettere le colpe, senza remore, sinceramente, fino in fondo. Bergoglio ha fatto bene a chiederlo per il modo in cui la chiesa che ora lui guida si è comportata con i nativi. Se, però, le questioni di fede e quel che la fede detta non sono materia qui discutibile, diverso è per le questioni storiche e per le ricostruzioni ispirate a pregiudizi non condivisibili.
Tra il 1863 e il 1966 le organizzazioni cattoliche canadesi hanno sottratto ai nativi all’incirca 150mila bambini, per educarli secondo i dettami della fede ecclesiastica. Annesso a una di queste scuole è stato anche rinvenuto un cimitero, segreto, dove i piccoli morti venivano seppelliti. Gli abusi sono stati molti e vergognosi. Non fu, però, un trattamento riservato ai nativi d’America. I gesuiti lo praticavano anche in Italia, rapendo i bambini ebrei. Il piccolo Mortara, in quel di Bologna, fu sottratto con la forza alla famiglia e mai più restituito, semmai educato in seminario e ordinato sacerdote. L’uso della violenza per diffondere la fede intride ancora le mura di non poche sedi vaticane. A Roma, facendo pochi passi, ci si può spostare dal palazzo dove fu processato Galileo a quello in cui si amministrava la propaganda della fede, per giungere alla piazza dove fu arso vivo Giordano Bruno. Di tanto in tanto arrivano richieste di perdono (Wojtyla lo chiese per Galileo), ma nessuno dei richiedenti odierni ha alcuna responsabilità. Ovviamente. Lo chiedono a nome di una istituzione che agisce in continuità, universale e immutabile.
Se è così, però, Bergoglio ha provato a subordinare l’azione della chiesa, e dei gesuiti in particolare, alla volontà dei governi colonialisti. Perdonateci, per essere stati dalla loro parte. Ma la chiesa non era dalla parte del colonialismo, ne era semmai parte. E il colonialismo non è il male incarnato, che scontri per il dominio e schiavitù esistevano anche prima e perdurarono anche distante. L’avere scoperto nuovi continenti non è una colpa. Semmai un merito. Non vorrei che una eventuale associazione colonialisti debba chiedere scusa per non essere riuscita a fermare quanti approfittavano di scoperte e conquiste per convertire a suon di roghi, torture e rapimenti. È un inganno logico: non erano due mondi, ma il medesimo (già travagliato da guerre religiose interne, tanto che si convertiva con la violenza anche per evitare che a farlo fossero, magari civilmente, i protestanti pellegrini, già rinnegati e perseguitati).
Il mondo prima dell’arrivo dei coloni non era una specie di Tahiti à la Gauguin. Semmai è il mondo post Seconda Guerra Mondiale che ha generato filoni anti occidentali che pretendono l’Occidente sia la causa di tutti i mali, pretendendo “migliori” anche costumi e tradizioni che evocando un mondo perso. Senza che tutto il perduto debba essere rimpianto.
In ogni caso, Bergoglio e i suoi predecessori hanno un indiscutibile merito: presentatemi un pope ortodosso che chiede scusa per i domini russi o un monaco cinese che lo faccia per le pulizie etniche dell’impero. Che questo nostro mondaccio non sia poi malaccio lo dimostrano anche le richieste di perdono. Accettabili o meno.
La Ragione