Più che alla storia, Trump sembra voler passare alla cassa: un elenco dei suoi interessi in conflitto con la carica che ricopre

Più che alla storia, Trump sembra voler passare alla cassa: un elenco dei suoi interessi in conflitto con la carica che ricopre

Passare alla storia o passare alla cassa? Tradizionalmente, quando giungono al loro secondo ed ultimo mandato, i presidenti americani fanno il possibile per passare alla storia: l’impressione è che Donald Trump intenda invece passare alla cassa. Che intenda, cioè, monetizzare il potere che gli deriva dalla funzione che ricopre e che intenda farlo per fini meramente personali.

Una tendenza manifestata già durante il suo primo mandato, ben dettagliata nel report di 98 pagine diffuso nel 2017 dall’Ufficio etico federale americano. Una tendenza che, come ha detto al Wall Street Journal l’avvocato d’affari Ty Cobb, che collaborò con lui alla Casa Bianca, si manifesta oggi senza più alcun freno inibitorio né alcun timore rispetto alle accuse di conflitto di interessi.

Come ha scritto Internazionale, fino ad oggi la famiglia Trump ha ricevuto almeno 80 milioni di dollari sotto forma di donazioni ad un “fondo per la biblioteca del presidente” da parte di colossi dell’informazione stellestrisce come Abc News, Meta e Cbs in cambio del rinuncia ad azioni legali più o meno pretestuose nei loro confronti. Ciascuno paga i Trump come può. Amazon, ad esempio, ha deciso di pagare 40 milioni di dollari per realizzare un documentario sulla vita di Melania Trump. Si tratta della cifra più alta mai spesa dall’azienda di Jeff Bezos per un’operazione commerciale del genere. Del resto, che la first-lady non fosse insensibile al fascino del denaro si è capito quando ha chiesto 250mila dollari alla CNN per farsi intervistare.

Scrive il Wall Street Journal che Donald Jr., figlio prediletto di Trump, “è entrato nell’organigramma di diverse aziende che potrebbero trarre vantaggio dalle politiche federali, dalla spesa del Pentagono alla normative sulle scommesse online fino ai dazi contro le importazioni cinesi”. Una tra le tante, è la Unusual Machines, che produce doni, le cui azioni sono cresciute del 249% dopo che il figlio del presidente è stato nominato consulente.

Con i figli Eric e Donald junior, Trump ha costituito la World Liberty Financial, società di criptovalute che ha raccolto più di 300 milioni di dollari vendendo il suo token digitale $WLFI. Ed è senz’altro quella delle criptovalute, monete virtuali in potenziale conflitto con il dollaro americano, l’attività più redditizia dei Trump.

Come è noto, a ridosso della cerimonia di insediamento, Donald Trump ha lanciato sui mercati finanziari una propria meme coin, $TRUMP, che secondo gli analisti avrebbe portato nelle casse della Trump Organizzation, di proprietà del presidente, 350 milioni di dollari. Dollari sostanzialmente pagati dagli 813.294 investitori che hanno fatto l’errore di credere nella tenuta della moneta presidenziale, in pochi giorni passata da un valore di 75 dollari ad un valore di 16.

I capofila del mondo crypto sono stati tra i principali finanziatori della campagna elettorale di Trump, e nei giorni scorsi il presidente ha inserito le criptovalute nella riserva finanziaria degli Stati Uniti, istituzionalizzandole. Non solo. Il neopresidente americano ha anche smantellato il Consumer Financial Protection Boureau, l’istituzione federale costituita con il Dodd-Frank Act dopo la crisi del 2008 per proteggere i cittadini comuni delle frodi finanziarie. Il sistema finanziario americano è così tornato alla legge della giungla, giungla in cui Donald Trump recita la parte del leone.

Appare perciò superfluo indugiare sull’inclinazione per gli affari del suo alter ego, Elon Musk. È tutto ufficiale, è tutto pubblico. Meno noto il fatto che, come ha scritto il Financial Times, le aziende di Musk beneficino anche dei soldi di importanti soggetti istituzionali cinesi attraverso gli “special-purpose veicols” (Svp), grazie a cui è possibile nascondere l’identità degli investitori. Tra questi spicca Justin Sun, fondatore della cryptovaluta Tron, che, tra le altre cose, lo scorso anno ha investito 75 milioni di dollari in una delle crypto della famiglia Trump, la World Liberty. Niente di strano, se consideriamo che il rappresentante di Musk in Italia, Andrea Stroppa, è appena entrato a far parte della media company digitale basata in Italia Unaluna, cui partecipano Barbara Berlusconi, John Elken e Leonardo Del Vecchio.

Insomma, in un contesto dove tutti approfittano del proprio status politico e istituzionale per fare soldi, come dar torto al fratello minore di Elon Musk, Kimbal, che in un sol giorno è stato ricevuto da Giorgia Meloni, dai ministri Giuli e Salvini, dal presidente della Fifa Infantino e dal sindaco di Roma Gualtieri ai quali ha cercato di vendere i servizi della Nova Sky Stories, un’azienda specializzata in coreografie aeree realizzate utilizzando 9000 doni? Kimbal non avrà, forse, il genio del padre, ma di sicuro è intenzionato a sfruttarne la fama e il potere.

Pare, dunque, di capire che l’ambizione di passare alla storia per Donald Trump, per la sua famiglia e per i suoi accoliti sia poca cosa rispetto all’intenzione di passare alla cassa. E siamo solo all’inizio.

Huffington Post

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