Il 31 maggio 2016 è stato celebrato il No Tobacco Day, e con lo slogan “Get ready for plain packaging” l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) ha scelto di puntare sulla promozione di pacchetti neutri, senza marchi e senza loghi. Tuttavia, il trend globale ha dimostrato recentemente come il tasso di tabagismo tra la popolazione si stia abbassando senza la necessità di intaccare un diritto fondamentale come quello della proprietà intellettuale. Per questa ragione la Fondazione Einaudi ha deciso di unirsi a 47, fra think tanks ed organizzazioni, nella stesura di una lettera indirizzata alla Dott.ssa Margaret Fung Fu-chun, Direttrice Generale dell’OMS, per esprimere la più profonda opposizione al plain packaging e il proprio supporto a qualsiasi forma di proprietà intellettuale.
Secondo l’ultima edizione di IPRI (International Property Rights Index) – che misura con uno studio comparato, la diffusione dei sistemi in materia di diritti di proprietà (sia fisica che intellettuale) – esiste unafortissima correlazione tra la tutela della proprietà e la competitività economica, esattamente come esiste uno stretto rapporto tra la promozione del diritto di proprietà e lo sviluppo del commercio nelle economie emergenti. Di conseguenza, la promozione di una campagna mondiale come quella del plain packaging finisce, inevitabilmente, con il compromettere la salute sociale del libero mercato.
Inoltre non si tiene conto delle verosimili ripercussioni che l’adozione del pacchetto neutro possa avere per il mercato dei consumi. I marchi e i loghi, anche sui pacchetti di sigarette, stanno a testimoniare e a garantire la qualità del prodotto che il consumatore decide – liberamente – di acquistare. Quando queste informazioni vengono taciute dalle politiche “sostenibili” dei governi, gli effetti per i consumatori possono essere catastrofiche, come l’incremento dello smercio e del consumo di tabacco di contrabbando. Basti pensare che nella sola Europa, secondo uno studio della Coldiretti del 2014, il contrabbando illegale di sigarette vale 11 miliardi di euro, un giro d’affari che ha quasi raggiunto quello di cocaina ed eroina.
Spingere il consumatore ad approvvigionarsi sul mercato nero equivale non solo a dare un colpo mortale tanto all’economia dei paesi più industrializzati quanto alla crescita di quelli emergenti, attraverso l’elusione di dazi e tariffe doganali, ma contribuisce anche ad alimentare l’effetto nocivo per la salute di chi acquista prodotti completamente privi di un controllo qualitativo.
E’ del tutto evidente, quindi, che tentare di sensibilizzare l’opinione pubblica sui danni provocati dal tabagismo con politiche e campagne che affossano deliberatamente il diritto di proprietà non è solo fuorviante ed economicamente inefficiente, ma pone in serio pericolo la salute del consumatore e la pubblica sicurezza.
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