Forse risaputo, ma omesso; forse dimenticato; forse ignorato è che il prelievo forzato di denari dalle tasche del popolo ebbe causa nelle guerre dello Stato. “Pax fa rima con tax, perché non può esistere pace senza eserciti, né eserciti senza paga, né paga senza tasse” (Boris Johnson, Il sogno di Roma, Milano, 2010, pagina 153). Pagare imposte fu in origine la disgrazia che accompagnò il combattere i nemici e morirne per la patria. Oggi l’assuefazione ad accettare le imposte è talmente generalizzata e santificata che l’evasore viene trattato per legge come un nemico interno e l’inventore di nuove imposte assurge al rango di statista. Invece la storia insegna altro. Qualsiasi reggitore che abbia governato una collettività ha saputo escogitare nei secoli forme originali di tassazione. I nomi di tali grassatori sono immancabilmente finiti nel dimenticatoio. Gli annali delle nazioni ricordano, al contrario, e lodano come grandi uomini, i governanti (re, regine, presidenti, ministri: pochi in verità) che mitigarono le pretese dello Stato e non infierirono sulla borsa dei contribuenti.
Come tutti i vizi umani, le imposte principiano basse. Via via dolcemente crescono fino all’insopportabilità, diventando un disastro per chi le paga, una necessità per chi le spende, un guadagno per chi ne gode. Quando l’imposta non basta ed è difficoltoso o impolitico inventarne in fretta di nuove, il ricorso alle addizionali risulta sempre a portata di mano. La società ne diventa così drogata all’inverosimile che per uscirne il tartassato ha solo tre vie: la ribellione, l’evasione, l’emigrazione. La prima è estranea al carattere degl’Italiani; le altre due, no. Ma l’evasione costituisce, tra l’altro, una sorta d’ipocrisia sociale che mina le fondamenta del “governo della legge”, impossibile nella doppiezza. Questa per l’appunto è, ciò nonostante, la via prediletta del popolo italiano, generalmente parlando. I pochi Italiani che versano interamente l’imposta progressiva chiedono perciò di sapere se ai due proponenti Nicola Fratoianni e Matteo Orfini sarebbe applicabile la “patrimoniale” per la quale spasimano.