Nel gennaio 1945 Luigi Einaudi (di cui ricorre, il 3o ottobre, il 55 esimo anniversario della scomparsa) aveva rinunciato all’ambasciata di Washington, offertagli dal governo Bonomi, e preferito l’incarico di governatore della Banca d’Italia, ben sapendo che essa costituiva da sempre la cabina di regia della politica economica. Di fatto, dopo la fine della guerra, egli lasciò correre il credito bancario e consentì che il Tesoro utilizzasse la monetizzazione del disavanzo. Non condividendo le politiche keynesiane, intendeva conseguire due obiettivi: da un lato, spingere le imprese a riattivare gli impianti e i movimenti di import-export; dall’altro, ridurre l’indebitamento statale. Una volta raggiunti questi risultati, Einaudi si accinse a ribaltare poi la sua strategia in funzione di una rigorosa politica di stabilizzazione.
Anche perché il corso inflazionistico era stato aggravato fra l’autunno e l’inverno del 1946, dall’esito del prestito pubblico “della ricostruzione”, che, lanciato per raccogliere parte della liquidità dei risparmiatori, registrò (anche a causa del tasso d’interesse tenuto relativamente basso per non incorrere nell’opposizione dei partiti di sinistra) massicce iniezioni degli istituti di credito che ritirarono parte dei loro depositi presso la Banca d’Italia. D’altronde, a ben poco era valsa l’adozione nel marzo 1947 di un’imposta straordinaria sul patrimonio rateizzabile da parte dei contribuenti. L’aumento dei prezzi all’ingrosso e poi quelli al dettaglio travolse perciò la “tregua salariale” stabilita nell’ottobre 1946 provocando un forte movimento rivendicativo da parte sindacale.
In questa situazione il governo tripartito (ricostituitosi nel febbraio 1947 dopo la scissione dal partito socialista dei seguaci di Giuseppe Saragat) si trovò alle prese con l’esplosione dell’inflazione e col mancato avvio di una politica di riforme. Mentre Einaudi aveva elaborato una strategia, pur sapendo di “giocare col fuoco”, i partiti della coalizione erano rimasti invischiati nei loro tatticismi, data la “convivenza forzata” fra le sinistre e la Democrazia cristiana. Non rimase a De Gasperi che formare un nuovo governo, senza più i comunisti e i socialisti, che peraltro non volevano scottarsi politicamente in un frangente cosi impervio e controverso. Nonostante il consistente prestito negoziato da De Gasperi negli Stati Uniti nel gennaio 1947, incombeva infatti il pericolo di una bancarotta.
Chiamato al nuovo dicastero del Bilancio e nominato vice-presidente del Consiglio, Einaudi seppe agire con altrettanta energia che sicurezza (non dovendo contrattare le sue misure con i partiti) sia nella prescrizione delle cure che nella loro applicazione, dall’abolizione dei “prezzi politici” all’aumento delle imposte sui capitali, sui redditi e sui consumi; dal contenimento del credito bancario al controllo quantitativo della circolazione monetaria. Perno di questa manovra fu un consistente aumento delle riserve obbligatorie delle banche presso l ‘Istituto di emissione l’elevazione del tasso di sconto.
Einaudi seppe agire con altrettanta energia che sicurezza (non dovendo contrattare le sue misure con i partiti) sia nella prescrizione delle cure che nella loro applicazione
A rigore, una drastica stretta creditizia non era necessaria in senso assoluto, in quanto la Banca (guidata da Donato Menichella) e il governo disponevano di strumenti normativi e operativi sufficienti a bloccare la speculazione e gli abusi de-gli istituti di credito. Ma Einaudi riteneva che si dovesse dare un segnale forte all’indomani dell’ammissione dell’Italia al Fondo monetario internazionale e alla vigilia della riapertura degli scambi con l’estero. Fu così possibile arrestare la spirale inflazionistica, migliorare la bilancia dei pagamenti e dispone di una moneta più stabile: condizioni indispensabili per la stipulazione di accordi multilaterali valutari e il reinserimento dell’Italia nei circuiti internazionali.
È vero che al declino degli investimenti si accompagnò il regresso della produzione industriale. Ma intanto rientrarono parecchi capitali “imboscati” all’estero (in seguito all’autorizzazione di particolari operazioni franco valuta) e non mance il credito alle imprese esportatrici. Inoltre un decreto varato nel marzo 1948 proibì la prassi delle anticipazioni straordinarie di cassa, in modo da porre freno a una politica sistematica di monetizzazione del debito pubblico.
Il salvataggio della lira rinfrancò i risparmiatori e i percettori di redditi fissi, e quindi i ceti medi, sul cui malcontento ave-vano fatto leva l'”Uomo qualunque” e i gruppi risorgenti d’estrema destra. Se Einaudi si rivelò così un politico altrettanto sagace quanto autorevole, a capo di quello che De Gasperi definì il “quarto partito”, fu poi il leader democristiano a completare l’operazione aprendo lt suo quarto governo a un’alleanza di centro con i partiti laici, che, pochi mesi dopo, risulto vincente nelle decisive elezioni del 18 aprile 1948.
Valerio Castronovo, Il Sole 24 Ore 2016