Depositata in Senato la firma numero 64. Ora, salvo sorprese, si attiva la procedura referendaria: la norma approvata non può entrare in vigore a gennaio. Se si andasse al voto anticipato nei prossimi mesi in palio ci sarebbero di nuovo quasi mille seggi. Salvini: “La scelta migliore”
La firma numero 64, quella decisiva, è di Francesco Giacobbe, esponente del Pd eletto in Australia. E’ stato raggiunto il quorum dei senatori (un quinto del totale) necessario ad avviare il referendum sul taglio dei parlamentari. Ma è stata fondamentale un’accelerazione che, in questi giorni, ha coinvolto anche alcuni esponenti di punta di Forza Italia, come Maurizio Gasparri, Lucio Malan e Antonio De Poli. Le sottoscrizioni, custodite in un ufficio di Palazzo Madama, dovrebbero essere trasmesse nelle prossime ore in Cassazione. A meno di colpi di scena, si blocca l’iter per l’entrata in vigore della legge.
I risultati sono stati presentati oggi in una conferenza stampa per rendere note le adesioni pervenute e comunicare le iniziative da intraprendere. Alla conferenza stampa hanno partecipato Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone, presidente e vicepresidente della Fondazione Einaudi che ha promosso la raccolta delle firme, e i tre primi firmatari Andrea Cangini, Tommaso Nannicini e Nazario Pagano.
Il risultato ottenuto rafforza le speranze di chi punta su elezioni anticipate. Se la legislatura si concludesse infatti nei prossimi mesi, nel periodo in cui saranno in corso le procedure per il referendum, si tornerà alle urne per eleggere l’attuale numero di quasi mille parlamentari, non ridotto del 30 per cento come previsto dalla legge. Fra i tifosi del voto anticipato c’è Matteo Salvini, che così commenta l’avvio della procedura referendaria: “Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma – dice il leader della Lega a Radio Radicale – ho letto poco fa che sono state raggiunte le firme sufficienti di parlamentari per indire quel referendum. Quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal Parlamento secondo me è sempre la scelta migliore”.
E il Partito radicale esulta. “Grazie a noi – dicono Maurizio Turco e Irene Testa, segretario e tesotiere del partito – i parlamentari hanno trovato il coraggio di firmare per indire il referendum. Avremmo preferito la via popolare – e per questo abbiamo depositato il quesito referendario all’indomani dell’approvazione della riforma- e che fossero i rappresentati a chiedere di potersi esprimere su una riforma costituzionale così importante, ma raggiungere le 500.000 firme nel silenzio dell’informazione è un’impresa impossibile”.
di EMANUELE LAURIA