Attori e comici occupano il fronte e diventano testimonial pro o contro le riforme: il punto di vista di Pierluigi Battista
Oramai è diventata una mania, e sui social già si scherza sull’eventualità che anche Bettarini e Simona Ventura possano finalmente siglare una dichiarazione congiunta a favore del Sì o del No al referendum costituzionale. È sempre accaduto, ma mai come in questa occasione: in attesa del 4 dicembre il mondo dello spettacolo, della tv, dello show viene messo, è il caso di dire, al centro del palcoscenico per cogliere ogni palpito referendario tra i nomi del casting politico-spettacolare. Che fa Dario Fo? Ovvio, vota No. Ma vota Sì Roberto Benigni, quello della Costituzione più bella del mondo. Il mondo della politica e dei media è in subbuglio. Fo reagisce malamente al «tradimento» di Benigni, i filo-Benigni si stringono compatti al loro beniamino per il Sì. Un affare di Stato. E ci vuole Fiorello per sdrammatizzare, dichiarando il proprio voto referendario. «Forse» (e c’è anche il «Boh» teatrale di Enrico Bertolino).
Da sempre nell’Italia democratica e repubblicana, gli artisti e la gente di spettacolo hanno dato il proprio scintillante contributo a quello che Nello Ajello definiva ironicamente il «firmamento», la compulsiva ripetitività con cui intellettuali e teatranti, musici e registi, scrittori e giornalisti hanno sottoscritto per decenni con le loro rinomate firme manifesti dedicati alle grandi Cause epocali e agli appuntamenti elettorali. Con molta retorica e qualche confusione e talvolta la smania di apparire suggeriva a qualche intellettuale entusiasta di firmare due volte per due manifesti contrapposti. Esserci era come una droga.
Ma la gente dello spettacolo aveva pur sempre un ruolo ancillare rispetto agli intellettuali più togati e austeri e ancora si ricorda la pudicizia con cui Eduardo De Filippo parodiò la celebre scena del caffè sul balcone in «Questi fantasmi» per invitare i cittadini al voto alle elezioni del 1948. Ma a poco a poco le proporzioni si sono rovesciate e da un po’ di tempo artisti, comici, satirici, attrici e attori, teatranti, cinematografari e televisivi, cantanti e compagnia cantante, hanno decisamente preso il sopravvento. È come se si fosse preso atto, un po’ tardivamente a dire il vero, che certo è importante la firma di grandi studiosi e, per questo referendum in particolare, di illustri giuristi e costituzionalisti, ma che l’impatto popolare dei grandi nomi dello spettacolo e della tv sia enormemente più rilevante.
Già qualche mese fa, i sostenitori del referendum sulle trivelle avevano mobilitato non tanto ambientalisti di chiara fama ma volti noti dello spettacolo, da Elio Germano a Claudia Gerini, da Ficarra e Picone a Nino Frassica, da Claudio Santamaria a Valeria Golino. Adesso sul Fatto quotidianoAntonio Padellaro ha proposto di organizzare una Woodstock nostrana a favore della campagna per il No con un palco gremito da attori e cantanti. Ma già nel quartier generale del Sì si pensa a una simbolica controWoodstock favorevole al governo: Roberto Benigni è stata la prima, poderosa mossa di questa controffensiva.
E quindi in questi due mesi si scaldano i motori dell’esercito dello spettacoloper il No, da Fiorella Mannoia a Toni Servillo, da Monica Guerritore a Leo Gullotta, da Alba Parietti a Piero Pelù. Mentre nella fucina del Sì non si è da meno e si risponde con gli appelli firmati da Stefania Sandrelli, Liliana Cavani e Gigi Buffon, grande interprete dello spettacolo calcistico. Una guerra di testimonial destinata ad allargarsi e ad inglobare nuove forze nella preparazione delle fantasmagoriche Woodstock contrapposte.
Ai costituzionalisti, ovviamente, verrà riservato un ruolo più discreto, sapendo che la grancassa mediatica e propagandistica non suonerà nei pressi di chi ha passato una vita a compulsare testi di diritto costituzionale, ma attorno ai volti che i cittadini sanno riconoscere, apprezzare oppure detestare (c’è anche l’effetto boomerang). Ma oramai la frontiera è stata attraversata. La società dello spettacolo, all’insaputa del suo sommo profeta Guy Debord ha preso il cuore della battaglia referendaria. Un fake su Twitter che si fa chiamare Enrico Mentina annuncia un grande duello televisivo sul referendum tra Maurizio Crozza e Roberto Benigni. Uno scherzo. Ma se fosse vero?
Pierluigi Battista, Il Corriere della Sera 7 ottobre 2016