Vanni Ronsisvalle, in esclusiva per il sito della Fle, ricorda la sua esperienza a Praga e rivela un particolare poco conosciuto su Jan Palach, emerso durante una conversazione con Pierpaolo Pasolini
1968, agosto. Un’automobile sfreccia verso Praga, da un paio d’ore ha lasciato Vienna, da quattro mesi a Praga vi è un capo di governo che si chiama Dubcek. Ha rivoluzionato il piano politico del suo paese dandogli un titolo che richiama la bella stagione, quella della rinascita, del ritorno ad una identità storica compromessa dalla ‘guerra fredda’, un patto di sottomissione all’URSS detto Patto di Varsavia. A Praga mi hanno preparato una certa accoglienza, l’incontro con un pronipote di Kafka, figlio di una figlia della sorella, la casa Museo dei Mozart, padre e figlio, appena inaugurata, l’ Hotel a piazza San Venceslao (dove Palach si sarebbe dato fuoco) che vanta nel depliant pubblicitario, chissà perché, anche un’altra orrenda curiosità: l’impianto di riscaldamento autonomo (camera per camera, assoluta novità per quei tempi) era stato progettato e messo a punto negli Anni Trenta dall’ingegnere che aveva concepito e messo a punto negli Anni Quaranta gli incenitori di Auschwitz. In una cassaforte dell’Hotel se ne serbano i macabri progetti, preziosi cimeli…
Quando sono a metà della mia corsa verso Praga, a Sopron, porta di frontiera tra Austria e Ungheria (breve transito verso la Cekoslovacchia) il portiere dell’Hotel Pannonia è sconvolto: mentre io da occidente vado verso quella capitale da oriente verso la stessa avanzano i carri armati della Armata Rossa, assordano minacciosi cingolati. È il venti agosto del 1968. Il mio viaggio in solitaria finisce all’Hotel Pannonia, un poco maleodorante come tutti questi albergotti di frontiera. Avverto a Roma la troupe tv di non raggiungermi con una battuta cretina:se non con la mimetica.
Un anno dopo il sacrificio di Jan Palach, tragicamente spettacolare, altri lo imitano, il primo un coetaneo quasi omonimo… Il mio piano di lavoro in grazia di Dio potrò svolgerlo quasi tutto anni dopo, tranne il (nel frattempo defunto) parente di Kafka, mentre delle riforme di Dubcek non vi è più traccia. 1974, sono a cena con Pasolini – un anno prima della sua morte – a Campo de’ Fiori. Dal suo monumento Giordano Bruno ci volge le spalle. Lui non si suicidò, fu arso vivo dalla Inquisizione. Pasolini ha da poco finito di lavorare ad una piece, Bestia da stile; gli chiedo ciò che era già noto, se il protagonista suo alter ego è ispirato alla figura di J P. Risposta oscura e chiarissima: “… Sapevi che JP era uno studioso di Jan Hus, riformatore religioso del ‘400 condannato al rogo per eresia? Le vite le vite sono un magma oscuro.” Pier Paolo veniva ucciso l’anno dopo.
Vanni Ronsisvalle, gennaio 2019