Mi incarico, a beneficio del povero lettore perduto fra Ruby, Ruby bis e Ruby ter, nemmeno fosse una delle saghe tribunalizie attorno alle molte stragi della nostra storia, di offrire una sintesi ruvida ed estrema: l’amore mercenario non è reato. E processare un uomo perché paga per il proprio soddisfacimento, è iniziativa da giustizia di ispirazione iraniana, dove il peccato si confonde col delitto. Ne è seguita una decina abbondante di anni saturi di ridicolo, fra nipoti di Mubarak, cene eleganti, sicurezza nazionale, scandalo internazionale, in cui tutti, a destra e a sinistra, hanno trasformato un affare di Stato in un cinepanettone. O un cinepanettone in un affare di Stato, vedete voi.
Ma c’è un punto sul quale tocca soffermarsi: il cavillo. Molti ieri hanno parlato e scritto di un’assoluzione per vizio di forma, dimenticando una volta di più che la forma è sostanza, e soprattutto se si parla d’amministrazione della giustizia. E cioè, Silvio Berlusconi è stato assolto poiché non si sono potuti utilizzare i verbali delle ragazze, sentite da testimoni anziché da indagate, come invece era necessario. Ora questo viene chiamato cavillo. Ma un testimone se mente rende falsa testimonianza, un indagato invece no, gli è permesso mentire (i codici non sono moralisti, a differenza di chi spesso li governa). Inoltre un testimone è considerato pubblico ufficiale, e la corruzione c’è se c’è un pubblico ufficiale. Se non è testimone ma indagato, niente pubblico ufficiale, niente corruzione. Un cavillo che non cambierà in nessuno di noi il giudizio su Berlusconi, ma stabilisce la differenza fra Stato etico e Stato di diritto.