Con circa 29 mila voti favorevoli su quasi 49 mila votanti, il M5S ha approvato un nuovo indirizzo, favorevole ad alleanze con altre forze politiche in sede locale. La decisione del M5S di accettare alleanze è certamente un fattore positivo in un mondo politico tanto disunito, ma — nonostante sia stata preparata dalla esperienza di governo, iniziata il 5 settembre dell’anno scorso — non è stata preceduta da una discussione ed è la ulteriore conferma di una caratteristica assunta dalla politica italiana, la politica corsara. Essa sta mutando strutturalmente il sistema politico italiano.
La politica corsara ha caratteristiche peculiari. Rapida affermazione di forze politiche: i partiti politici della prima Repubblica avevano radici lontane (il Psi risaliva al 1892, la Dc al 1919, il Pci al 1921); le attuali forze politiche hanno storie brevi (il Pd nasce nel 2007, sia pur dalla confluenza di ciò che restava di democristiani e comunisti; il M5S nel 2009; Fratelli d’Italia nel 2012; Lega Salvini Premier nel 2018; Italia viva nel 2019). A questa nascita recente, sia pur in qualche caso su più antiche basi, fanno riscontro scarso radicamento sociale e deboli o carenti strutture locali; volatilità dell’elettorato, pronto a migrare da una parte all’altra; assenza di programmi e di progetti, preferenza per la politica sbandierata, e per quella che i politologi chiamano «single issue politics» (scelta di uno o due temi che dominano le dichiarazioni politiche).
Seguono ossessiva attenzione ai sondaggi (le basi sono fragili e bisogna quindi misurarne la portata ogni giorno); incapacità di attrarre personale politico proveniente da altre esperienze, quali potevano essere negli anni passati un Andreatta, uno Spaventa o un Ciampi; forte personalizzazione (conta il leader più che la forza politica); improvvisi voltafaccia a danno della continuità (Ernesto Galli della Loggia, ieri, su queste pagine ha giustamente lamentato vuoto politico e trasformismo delle attuali forze di governo; si aggiunga la giravolta dell’estate scorsa compiuta da Salvini e quelle di Renzi, da critico ad alleato del M5S, da segretario del Pd per due mandati a protagonista della secessione dello scorso anno).
Come i corsari diventavano spesso pirati, questo tipo di forze politiche, quando si impossessa del governo, ha una forte propensione a distribuire sussidi per ingraziarsi gli elettori. Le politiche infrastrutturali (le grandi opere pubbliche, edifici scolastici, ospedali, verde attrezzato) e quelle strutturali (sanità, istruzione, efficienza amministrativa) non interessano la politica corsara, che ha bisogno di attrarre consenso immediato, non è interessata alle politiche di lungo periodo. Si capisce quindi perché il primo governo Conte si sia distinto nel premiare il non lavoro (pensioni e reddito di cittadinanza) e il secondo nella distribuzione a pioggia di «bonus» ed elargizioni di varia natura. Sono interventi che soddisfano appetiti immediati.
John F. Kennedy, uno dei politici più popolari degli Usa, da giovane senatore, nel 1956, scrisse il libro «Profiles in Courage» per segnalare che «la virtù massima dell’uomo di Stato» è «il disprezzo della popolarità» (le parole sono la sintesi che ne trasse Luigi Einaudi, richiesto di scrivere una pagina introduttiva alla traduzione italiana di quel libro). Kennedy, tratteggiando il profilo di otto senatori del passato, voleva illustrare il loro «coraggio politico di fronte alle pressioni elettorali». Voleva contrastare l’opinione che «gli uomini politici bisogna che si occupino di guadagnarsi voti, non dell’arte di governare lo Stato». Concludeva scrivendo: «Questo libro non mira a sminuire il concetto del governo democratico e del potere popolare… La democrazia vuol dire molto di più di governo popolare e dominio della maggioranza… La vera democrazia pone la sua fede nel popolo; la fede che il popolo non eleggerà semplicemente uomini i quali rappresenteranno le sue opinioni abilmente e coscienziosamente, ma eleggerà anche uomini i quali eserciteranno il proprio giudizio coscienzioso; la fede che il popolo non condannerà coloro che per devozione ai principi saranno indotti a compiere atti impopolari». L’autore di queste righe doveva diventare quattro anni dopo uno dei più popolari presidenti americani.
Sabino Cassese
Corriere della Sera, 21/08/2020
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