Mi sbilancio: la legge di bilancio, come ha preso forma, è buona in tutto quello di cui nessuno parla, mentre tutti siamo stati trascinati a parlare di quel che non ha senso, o non c’è, o non c’è più.
Se quella legge, ogni anno, fosse discussa in modo ragionevole, con una procedura razionale, non solo sarebbero maggiormente emersi i suoi aspetti positivi, ma su quelli il consenso, in Parlamento, potrebbe essere più vasto. Come, del resto, Fratelli d’Italia, dall’opposizione, condivideva la linea del governo Draghi, contro imprudenti e controproducenti scostamenti di bilancio. Allora come oggi, però, il problema non era nel Parlamento tutto, ma nella maggioranza. Il voto di fiducia, che ora la destra impone e ieri detestava, che oggi la sinistra detesta e ieri imponeva, non avrebbe ragion d’essere se non servisse a fermare pezzi della maggioranza. Tanto la minoranza, ove il governo non ne condivida le proposte, è minoranza.
Sicché i dati politici sono tre. Il primo è relativo ai saldi di bilancio e al suo equilibrio complessivo, confermando la continuità con il governo precedente. Una continuità che consiste nel collaborare, non guerreggiare con le istituzioni europee e che si vedrà anche nel conseguimento degli obiettivi a scadenza ravvicinata, relativi al Pnrr. Il resto è caciara, guerra di pupazzi. Come lo era, del resto, contestare quegli equilibri quando si era all’opposizione.
Il secondo dato è relativo alle tante cose che sono entrate e uscite, o snaturate, di cui si è parlato: tutta roba propagandistica, in qualche caso masochista. La corsa a far vedere il rispetto delle “promesse” le ha in gran parte compromesse e contraddette. Per cambiare le cose occorre tempo e le persone serie non lavorano per il titolo del giorno appresso, ma per il risultato dell’anno successivo.
Il che porta al terzo dato, quello più preoccupante: le riforme sono annunciate, ma inesistenti. Ci sono casi, come la giustizia, in cui le intenzioni sono chiare, ma il tragitto no. Altri, come il fisco, in cui non è chiara né l’una né l’altra cosa, al punto che chi chiede la flat tax, quindi la fine della progressività, poi vuole correlare le multe al reddito. Altri ancora, come il reddito di cittadinanza, in cui si taglia la spesa in virtù di una riforma di cui non si vedono neanche i contorni. Intanto si promettono ancora “aiuti”, che di per loro sono solo l’incentivo a pensare la spesa pubblica come cassa cui attingere e non come strumento per riformare.
Il bilancio c’è, la politica è sbilanciata. L’opposizione è ancora traumatizzata e spaesata. I pentastellati si sono trasformati da partito governativo a oltranza in partito d’opposizione a prescindere. Di poltrona e di piazza, diciamo. Mentre il Partito democratico perde ulteriormente consensi non tanto per questo o quello “scandalo”, ma per la scandalosa assenza di iniziativa politica. Il che metterebbe la maggioranza al sicuro, se non fosse che cova problemi interni, con la Lega che prova a riprendere visibilità, spingendo l’esecutivo a commettere errori che poi comportano retromarce, mentre Forza Italia, senza più la forza elettorale per coalizzare forze minori e talora opposte, non trova il ritmo di una nuova missione. In questo modo gruppi e sottogruppi indeboliti diventano scialuppe per traghettare emendamenti che rispondono più a pressioni particolari che a interessi generali.
È così che la legge di bilancio sembra peggiore, non avendo il coraggio, la schiettezza politica e l’orgoglio di mettere in luce quel che ha di migliore.