Negli ultimi decenni le legislazioni nazionale ed europea hanno promosso la realizzazione di impianti di energia che utilizzino fonti rinnovabili.
Di recente si sono fatti più stringenti gli obblighi che l’Italia ha assunto in ambito europeo; il nostro Paese si è impegnato a raggiungere entro pochi anni il 30% di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Persistono, tuttavia, le resistenze alla installazione di impianti fotovoltaici ed eolici e ciò nonostante l’ordinamento giuridico consideri oramai questi impianti alla stregua di infrastrutture di interesse pubblico indifferibili e urgenti.
La Corte costituzionale ha ribadito più volte che gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili hanno la funzione di tutelare l’ambiente e la salute pubblica in ragione del fatto che sostituiscono la produzione di energia da fonti massimamente inquinanti e pericolose per la salute umana.
Cosicché gli impianti fotovoltaici ed eolici sono compatibili con qualsiasi tipo di destinazione urbanistica, anche agricola, eccezion fatta per alcune aree ritenute inidonee individuati con atti di programmazione generale dalle Regioni.
Il favor del legislatore per la realizzazione degli impianti che producono energia da fonti rinnovabili ha trovato, come detto, forti resistenze in larghi strati dell’opinione pubblica che hanno rivendicato la tutela del paesaggio, delle attività rurali e dei beni archeologici che sarebbe messa in pericolo dalla realizzazione indiscriminata di impianti di grosse dimensioni.
Anche numerose Soprintendenze hanno spalleggiato questo atteggiamento di contrasto alla realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici lamentando il pregiudizio al paesaggio o addirittura alcuni vincoli archeologici, i quali, però sono stati reclamati anche su aree al di sotto delle quali non è sicuro e non v’è certezza che vi siano veramente dei beni archeologici.
Il vincolo riguarda non solo l’area sulla quale si ritiene che vi siano dei beni archeologici, ma anche le aree cosiddette limitrofe. Per queste due tipologie di aree il parere della Soprintendenza, fino a questo momento, è stato ritenuto obbligatorio: dunque, se il parere era negativo l’impianto non si poteva realizzare.
A questo punto, vi è stata la risposta dell’ordinamento per cercare di superare queste resistenze: gli impianti sono stati classificati come di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti.
Dunque, al fine di sottrarre la realizzazione degli impianti più grandi alle influenze localiste della Regione e degli enti locali, la competenza è stata spostata dalla Regione allo Stato, affinché il decisore fosse più lontano possibile dalle pressioni locali e i pareri della Soprintendenza quantomeno con riguardo alle aree limitrofe a quelle vincolate è stato ritenuto non obbligatorio.
Tuttavia, i contenziosi continuano perché non si è ancora soddisfatti, nonostante la Corte Costituzionale continua sgolarsi – insieme alla giurisprudenza amministrativa – nell’affermare che questi impianti non tutelano e non perseguono solo l’interesse economico privato, ma anche l’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente e alla salute: infatti, sostituiscono il consumo di petrolio, il consumo di carbone, il consumo di altre energie, con energie che derivano da fonti rinnovabili.
Persistono, però, le resistenze e per accorgersene basta sfogliare la giurisprudenza amministrativa e quella costituzionale. Molti italiani sono convinti che devono vivere in lande deserte, sulle quali non deve esserci nessun impianto né fotovoltaico, né eolico.
Secondo la giurisprudenza amministrativa bisogna cambiare modo di pensare il paesaggio, il quale, in questa ottica, non può essere un qualcosa di assolutamente immutabile. Gli impianti fotovoltaici e gli impianti eolici devono far parte adesso del paesaggio naturale, se veramente vogliamo vivere in un mondo moderno e non vogliamo tornare a vivere nelle caverne.