Scuola dei Diritti e delle Libertà. Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza – Lezione 22: Per tutelare la buona fede del cittadino la Costituzione non basta, serve la CEDU

Scuola dei Diritti e delle Libertà. Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza – Lezione 22: Per tutelare la buona fede del cittadino la Costituzione non basta, serve la CEDU

Immaginate di essere stati dei dipendenti della pubblica amministrazione, per esempio di un Comune, e di avere ricevuto per ben tre anni ogni mese un emolumento aggiuntivo allo stipendio ordinario, il cosiddetto trattamento accessorio.

In virtù di un accordo collettivo con i sindacati, per ragioni di particolare produttività, la vostra pubblica amministrazione vi ha riconosciuto, ogni mese, per tre anni consecutivi, questa maggiorazione.

Se non che, dopo che andate in pensione e dopo che sono trascorsi più di cinque anni da quando avete ricevuto questi emolumenti, il datore di lavoro – quindi la pubblica amministrazione – si rende conto di avere commesso un errore.

Questi soldi, in realtà, non ti aspettavamo, perché la legge non lo prevedeva e, quindi, li dovete restituire.

A nulla vale il fatto che facciano valere la vostra buona fede e che facciate valere anche l’affidamento, cioè il fatto vi siete affinati a questa erogazione, che era spontanea, che voi avete dato dei numeri e dei dati che sono assolutamente corretti, che non si è stati voi a indurre in errore la pubblica amministrazione.

Si inizia un contenzioso giudiziario: il primo grado ed il secondo grado vi danno torto. Arrivate in Corte di Cassazione e questa prende atto di un’unica norma del nostro ordinamento che disciplina questa fattispecie: l’articolo 2033 del codice civile, che, occupandosi dell’indebito aggettivo, dice che in questi casi, la buona fede del lavoratore – di colui che ha ricevuto queste somme, che non gli spettavano – non è rilevante per l’irripetibilità di queste somme.

Dunque, anche se si buona fede, le somme vanno restituite e la pubblica amministrazione ha ragione nel richiederle.

La Cassazione, però, si rende conto che c’è qualcosa che non va: tutto questo ragionamento cozza con un elementare senso di giustizia, ma non trova all’interno della nostra Costituzione un principio che, in maniera diretta, consenta di risolvere il caso a favore del lavoratore e a favore della tutela della buona fede dell’affidamento e ricorre, quindi, ai principi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che i più occasioni si è pronunciata su fattispecie come questa che stiamo esaminando.

La CEDU ha detto che se la pubblica amministrazione, di sua spontanea volontà, ha erogato una determinata somma di denaro, che poi si scopre non dover essere dovuta; se il lavoratore, però, si è comportato in assoluta buona fede e ha fornito tutti i dati in maniera veritiera; se non ha indotto in errore la pubblica amministrazione; se si è fatto affidamento su questa parte dello stipendio e, soprattutto, se la pubblica amministrazione non ha mai detto di riservarsi di rifare i calcoli o di verificare la legittimità della erogazione, in questi casi non è possibile che richiedere indietro le somme.

Tuttavia, nel nostro ordinamento la CEDU non ha una validità diretta: dunque, per poter far valere questo principio, la Corte di Cassazione è costretta a rivolgersi alla Corte Costituzionale e a chiedere se, nell’articolo 2033 c.c., nella parte in cui non attribuisce alcuna rilevanza alla buona fede di chi ha ricevuto questi emolumenti, sia costituzionalmente legittima.

Non c’è la violazione di un principio di una norma diretta interna, che potremmo rinvenire all’interno della Costituzione più bella del mondo, ma per la violazione dei principi sanciti nella CEDU.

Ancora una volta, forse, a salvarci è il cosiddetto vincolo esterno, il cosiddetto ordinamento internazionale, perché, da noi, da molti decenni, invece, vige questo principio di supremazia della pubblica amministrazione, che può chiedervi di restituire tutte le somme erogate, anche qualora siate stati in buona fede.

Questo è un problema che si è posto in modo particolare anche per le pensioni dei militari: la Corte dei Conti, spesso, ha detto che la pubblica amministrazione ha anche la facoltà di rivedere i provvedimenti, con i quali ha quantificato la tua pensione in via provvisoria o in via definitiva.

C’è stato un grosso dibattito, ma, spesso, la Corte dei Conti ha anche convalidato e dichiarato legittima la richiesta di restituzione di somme, anche dopo molti anni, sulla base delle quali tu hai fatto dei programmi o che hai addirittura speso.

Forse un po’ di rispetto dei diritti degli individui ci arriverà dalla Corte Costituzionale e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

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