Martedì 22 febbraio, il Senato della Repubblica ha sollevato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale contro la Procura della Repubblica di Firenze.
Il Senatore Matteo Renzi ha sollecitato l’Assemblea a rivolgersi alla Corte Costituzionale per sancire la violazione dell’articolo 68 della Costituzione.
La Procura della Repubblica di Firenze avrebbe proceduto a sequestrare della corrispondenza – nel caso particolare dei messaggi Whatsapp – del Senatore, senza la previa autorizzazione del Senato stesso.
Come sapete, l’articolo 68 della Costituzione disciplina proprio le prerogative dei Deputati e dei Senatori e prevede che la magistratura non possa procedere al sequestro della corrispondenza, se non previa autorizzazione della Camera di appartenenza del soggetto che subisce quel sequestro.
Per Renzi e per l’Assemblea i messaggi Whatsapp rientrano nella categoria di corrispondenza. Per alcuni altri Senatori, come il Senatore Grasso, invece, non si tratterebbe di corrispondenza, quindi avrebbe fatto bene la Procura della Repubblica.
In ogni caso, la questione ormai è andata alla Corte Costituzionale.
Ciò che ci interessa sottolineare, invece, è che bene ha fatto il Senato a rivendicare la propria indipendenza, la propria autonomia e la tutela delle attribuzioni costituzionali davanti a quello che sembra essere uno sconfinamento dell’ordine giudiziario e, nel caso specifico, della Procura della Repubblica di Firenze.
La questione della difesa e della tutela dell’autonomia della politica, negli ultimi decenni, ha subito uno screditamento. La politica deve poter esercitare la sua funzione a livello costituzionale, senza subire le ingerenze e gli sconfinamenti della magistratura.
Si tratta di un tema che la Fondazione Einaudi ha affrontato nel libro “L’eutanasia della democrazia” (Rubbettino), scritto dal suo Presidente, l’avvocato Giuseppe Benedetto: qui si spiegano le vicende della disastrosa modifica dell’articolo 68 della Costituzione, che ha comportato la riduzione dell’autonomia e dell’indipendenza della politica nei confronti di una magistratura troppo esorbitante.