Dopo avere raffrontato i compiti dello Stato nell’età antica (quella greca, in particolare), e in quella moderna, Humboldt fa questa riflessione: sebbene lo Stato moderno si occupi «piuttosto di ciò che il cittadino possiede, e non di ciò che è, del suo sviluppo fisico, intellettuale e morale, come lo stato antico», esso tuttavia «tende a imporgli, come leggi, le sue idee»; e poiché «le restrizioni della libertà sopprimono l’energia individuale», che Humboldt considera «la fonte di ogni virtù attiva e la condizione di ogni svolgimento pieno», occorre fissare confini rigorosi all’autorità pubblica.
Humboldt considera lo Stato come un «male necessario», perché consente di superare la condizione d’isolamento dell’individuo, ma ritiene che lo Stato debba limitarsi a garantire la sicurezza interna ed esterna.
Emblematico è ciò che scrive in proposito: “Lo Stato deve assolutamente astenersi da ogni desiderio di agire, direttamente o indirettamente, nei costumi e sul carattere della nazione, …”, limitandosi ad assicurare a ogni individuo sicurezza da aggressioni esterne, ma non deve entrare “nella sfera degli affari privati dei cittadini”; e aggiunge: “quando lo stato promuove agricoltura, industria, commercio, credito, traffici interni ed esterni, assistenza per gli indigenti, esso finisce per produrre “uniformità” che deprime la creatività degli individui e li trasforma in sudditi che dipendono dallo Stato”;
E vien fatto di pensare, per un verso, alla sempiterna polemica tra dirigisti e liberisti, e per altro verso alla politica assistenzialistica di oggi, che vorrebbe sconfiggere la povertà coi sussidi paternalistici invece che col lavoro e con la promozione sociale attraverso la scuola, per sanare le ineguaglianze incolpevoli dovute alla nascita.
Quando poi passa a esaminare ciò che lo Stato deve fare, e ciò che deve essere riservato all’individuo, troviamo delle affermazioni che stupiscono per la loro modernità, al punto che possiamo ritrovarle richiamate in molti articoli della nostra Costituzione.
Per Humboldt, lo Stato deve assicurare ai cittadini il diritto di godere “della libertà più vasta di svilupparsi spontaneamente nella propria peculiarità”; tuttavia, l’attenzione alla personalità individuale, non deve fare venire meno il senso dei doveri dell’individuo verso la società; e il bilanciamento di questi due fattori, che considera coessenziali, porta Humboldt a individuare i compiti dello Stato, e quindi i limiti della sua autorità, lasciando tutto il resto all’individuo perché possa esprimere la sua personalità senza indebite costrizioni.
Abbiamo qui una sorta di summa politica dei diritti civili, in un’epoca in cui questi concetti, che a noi sembrano patrimonio inalienabile, erano tutt’altro che scontati.; e vien fatto di pensare al nostro art. 2 Cost., per il quale, per un verso, “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”; e poi, per altro verso, “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.