Karl Raymund Popper approda al liberalismo in una fase matura della sua formazione filosofica. Presentatosi come epistemologo e filosofo della scienza, il pensatore austriaco elabora una nuova metodologia, basata sul criterio di falsificabilità delle teorie scientifiche e sul procedere della scienza per prove ed errori. Questa metodologie viene di fatto esportata in campo politico, proponendo un visione liberale riformista in opposizione all’olismo pianificatore a priori delle ideologie totalitarie. Sostenere il riformismo significa pensare a una società aperta; muoversi nella logica olistico-totalitaria significa delineare una società chiusa. Nella prospettiva popperiana, deve cambiare l’impostazione del problema della leadership: non ci si deve chiedere “chi deve governare”, ma come controllare i governanti e poterli rimuovere. Popper centra tutta la sua riflessione sul ruolo dell’individuo e in quest’ottica è importante che anche oggi sia tenuta in conto una filosofia politica che privilegia il singolo sul collettivo, ponendo, ancora una volta, la dimensione della responsabilità individuale come imprescindibile.