Senato della Repubblica. La lezione di etica giuridica sulla presunzione di innocenza

Senato della Repubblica. La lezione di etica giuridica sulla presunzione di innocenza

Partiamo dal protagonista di questa audizione in Senato. Avvocato penalista di lunga esperienza, giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 28 Maggio 1997 Giuseppe Benedetto è oggi Presidente della Fondazione Luigi Einaudi. Ma è anche Presidente emerito della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella. Già docente di Diritto Costituzionale presso la facoltà̀ di Giurisprudenza dell’Università̀ LUM di Bari, appassionato di tematiche sociali, la sua attività̀ scientifica e politica si è sempre contraddistinta per intransigenti posizioni a favore della salvaguardia dei diritti civili, dello sviluppo di una cultura laica – ma non laicista – e della tutela delle libertà̀ fondamentali del cittadino contro ogni oppressione, “anche quella eventuale dello Stato”. Annovera tra i suoi maestri, con i quali si è intensamente rapportato, figure di politici illustri quali Giovanni Malagodi e il costituzionalista Aldo Bozzi. È stato Capo Gruppo del PLI al Consiglio Comunale di Pescara. È stato vice segretario nazionale della Gioventù Liberale Italiana. È stato membro della Direzione Nazionale e dell’Esecutivo del PLI, dove ha ricoperto l’incarico di Responsabile Nazionale degli Enti Locali. È autore dei saggi “L’eutanasia della democrazia. Il colpo di Mani Pulite”, con prefazione a cura del Prof. Sabino Cassese (Rubbettino editore, ottobre 2021) e “Non diamoci del tu”, con prefazione del Ministro della Giustizia Carlo Nordio (Rubbettino editore, ottobre 2022)

Un personaggio, dunque, e un protagonista vero della storia politica di questi anni in Italia.

Alle ore 13 di martedì scorso 16 gennaio, alla Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato, nel corso della sua audizione, l’intervento di Giuseppe Benedetto è nei fatti una vera e propria “lectio magistralis” sui temi centrali del diritto moderno.

Senza perifrasi, senza nessun tono retorico, con la serenità che contraddistingue da sempre la sua storia e il suo ruolo di uomo liberale, il Presidente Benedetto picchia duro su talune distorsioni della pratica giudiziaria di questi anni.

“Per quanto riguarda il primo e più corposo aspetto della presunzione d’innocenza, che tante polemiche ha suscitato in ltalia per la cosiddetta Legge Bavaglio, voglio dire che l’impostazione data da chi si oppone al provvedimento già votato dalla Camera e oggi alla vostra attenzione è esattamente in senso contrario alle indicazioni della Commissione Europea”.

Chi lo conosce bene sa che l’uomo non concede attenuanti neanche a sé stesso, e che il suo rigore morale va al sopra di ogni cosa: “Quando sento dire “ce lo chiede l’Europa” da parte di chi si oppone ai provvedimenti a tutela della presunzione d’innocenza ci dovrebbe dire cosa chiede l’Europa, con quale atto ce lo chiede e perché la legislazione italiana non si sarebbe ancora adeguata. La delega al Governo introdotta dall’altro ramo del Parlamento e qui in discussione tende proprio a tutelare in concreto la presunzione di innocenza. ln particolare, lì dove prevede il divieto di pubblicazione integrale o per estratto dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari, e cioè fino a quanto il cittadino indagato non sa ancora di esserlo”.

Giuseppe Benedetto legge i suoi appunti, ma in realtà va a braccio, sono temi che come uomo di legge conosce meglio di chiunque altro, e sono principi -lui li chiama così- su cui nessuno di noi dovrebbe mai fare marcia indietro.

“Vi è subito da chiarire che tale pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare- precisa il giurista- oggi è consentita solo grazie ad una modifica dell’Art. II4 c.p.p. intervenuta nel 2017. Prima di quella modifica non era consentita. Cercherò di chiarire perché è opportuno che da ora in avanti non sia più consentita. lntanto, un’osservazione di ordine generale. Mi sono chiesto perché mai con tanta virulenza alcuni PM di scagliano contro questa norma? Sono comprensibili, ma dirò perché non condivisibili, le critiche anche forti”.

A costo di risultare impopolare, ma il Presidente della Fondazione Einaudi è più determinato che mai.

Dice testualmente: “Ricordo il tempo in cui proprio i magistrati, giustamente, si appellavano al segreto istruttorio. Dovrebbe infatti essere interesse di chi conduce le indagini non diffondere le notizie almeno nelle fasi iniziali più delicate. Ma, guarda caso, sono proprio questi magistrati i più acerrimi critici della novella”.

Per il Presidente Giuseppe Benedetto “ln realtà oggi queste polemiche nascono da un’altra novità legislativa, quella che non consente più ai PM, se non in casi eccezionali, le tanto amate conferenze stampa sostituite dalle più sobrie comunicazioni del Procuratore Capo”.

E qui la nota dolens della giornata e della sua audizione in Commissione: “La paradossale conseguenza di questa limitazione – precisa il Presidente Fondazione Einaudi–è che il PM scarica in centinaia di pagine di ordinanza custodiale tutta una serie di elementi ad colorandum relativi alla presunta colpevolezza dell’indagato. Ricordiamoci, innocente per ancora lunghi anni (fino a sentenza passata in giudicato). E non sto qui a parlare del GlP, figura sempre più evanescente, che quasi sempre riporta pedissequamente quanto proposto dal PM. Appare superfluo aggiungere che, sino alla fase delle indagini, in campo c’è sostanzialmente solo una parte: l’accusa. E dunque, la voce della difesa più che flebile è inesistente”.

Sembrava dover essere la sua una audizione tranquilla, priva di polemiche, ma in realtà il giurista siciliano mette alle corde il sistema-giustizia-Paese come forse nessun altro prima di lui aveva saputo fare: “Allora mi chiedo: tale norma è a tutela o no degli oltre 100mila persone ingiustamente arrestate dal 1992 ad oggi e tutte sottoposte alla gogna mediatica che ben conosciamo? Insomma, chi esce dal processo innocente ha il diritto o no ad avere la sua reputazione integra? E lo Stato deve tutelare questo diritto?”.

Domande sacrosante, a cui il sistema giudiziario italiano non ha mai dato una risposta serena ed esauriente.

“Ricordo, peraltro, en passant – osserva ancora il Presidente Benedetto- che il divieto di pubblicazione non è assoluto, ma il giornalista può ben trarne un sunto per darne comunicazione e doverosamente informare su fatti di pubblico interesse. ln conclusione, la norma in discussione in questa commissione è un altro tassello della civiltà giuridica che consente di evitare quanto è successo troppe volte in questi anni. Cioè, che il processo penale duri un’ora, l’ora della conferenza stampa del Pubblico Ministero”.

Come si fa a non dargli ragione?

“Lì –conclude il Presidente della Fondazione Einaudi- viene distrutta una reputazione e il danno mai più sarà riparato. Se per molti magistrati gli indagati sono solo numeri, se per alcuni giornalisti sono solo notizie, per un liberale sono persone in carne e ossa, innocenti o meno”.

Se fossimo stati in teatro – osservano molti dei senatori presenti- avremmo pe forza di cose assistito ad una standing ovation a favore del Presidente Giuseppe Benedetto, ma in Senato il rigore e lo stile parlamentare non lo consentono. Ma mai come in questo caso le parole sono pietre.

Mai così pesanti contro una giustizia che spesso fa acqua da tutte le parti.

di Pipo Nano, primapaginanews.it

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