Separare le carriere? «Aspettate e vedrete», dice il Guardasigilli – ildubbio.news

Dibattito con Migliucci, che da presidente dei penalisti ha raccolto le firme per la legge sui magistrati e che ricorda: «È ora di attuare davvero il processo accusatorio»

Giudice terzo, giusto processo e nuove frontiere della giustizia sono stati i temi al centro del dibattito che si è tenuto ieri a Roma tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, Sabino Cassese e l’ex presidente delle Camere penali Beniamino Migliucci, in occasione della presentazione del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Einaudi, ed edito da Rubbettino. Il dibattito è stato coordinato dal neosegretario della Fondazione Andrea Cangini. Sotto Beniamino Migliucci, l’Unione Camere penali ha raccolto le oltre 70mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere depositata poi in Parlamento.

«È una riforma ineludibile», ha detto il penalista, «la riforma di tutte le riforme soprattutto se si immagina di mantenere un codice a tendenza accusatoria, liberale, che pone al centro del processo il contraddittorio, la parità delle parti». Nordio ha firmato la prefazione del volume di Benedetto: «Tutto il libro dovrebbe essere attentamente studiato alla Scuola della magistratura, perché smentisce definitivamente le apocalittiche obiezioni che l’Anm ci propina in occasione anche delle più moderate proposte riformatrici, come l’ultima della ministra Cartabia». Adesso la pensa allo stesso modo? «Quando ho scritto la prefazione – ha detto esordendo – non avrei mai immaginato di diventare parlamentare né ministro della Giustizia. Far parte del governo può limitare le aspettative e le volontà di Nordio come scrittore e modesto giurista, ma ciò non vuol dire che le mie idee liberali siano cambiate o si siano annacquate».

Il guardasigilli sente quasi il bisogno di giustificarsi, dopo aver ricevuto nelle ultime settimane anche delle critiche da parte di chi lo accusa di aver invertito la rotta rispetto ai suoi principi. «Le decisioni vengono prese collegialmente all’interno del governo, la complessità della politica richiede compromessi ma non al punto da tradire l’idea liberale che sarà mantenuta fermissima». Lo ha ribadito più volte, questo concetto: «Senza voler anticipare l’illustrazione delle linee programmatiche alle Camere prevista per il prossimo 6 dicembre, posso dire che le mie idee verranno riaffermate. La fattibilità politica poi verrà scansionata in base alle modalità tecniche: per riformare l’abuso di ufficio può bastare un mese, per avere una norma che preveda un organo collegiale che decida sulla custodia cautelare ci possono volere tre mesi, per fare una riforma costituzionale occorre più tempo».

Non fa mai esplicito riferimento alla “separazione delle carriere”, ma il nesso è chiaro dato il tema del libro e le altre cose dette, tra cui: «A questo mondo nulla è eterno. Stamattina ( ieri, ndr) ho avuto modo di incontrare per molto tempo il cardinale Ravasi ed è emerso che soltanto la verità del Signore rimane in eterno, il resto si può cambiare. Quindi non c’è nessun reato di lesa maestà se si propone una riforma costituzionale».

Poi è entrato un po’ più nel dettaglio sulle ragioni: «Quando è avvenuto il miracolo politico e giuridico della Costituzione, l’unità delle carriere, l’obbligatorietà dell’azione penale, la figura del pubblico ministero modellata su quella del giudice erano perfettamente coerenti tra loro. Ma i padri costituenti non potevano immaginare che 40 anni dopo Vassalli avrebbe varato un codice ispirato al processo anglosassone». Quindi «occorre necessariamente superare il paradosso di un codice “fascista”, firmato da Benito Mussolini e dal re, che gode di ottima salute e di un codice di procedura penale saccheggiato e demolito perché ritenuto incompatibile con la Costituzione. O torniamo al codice Rocco, pienamente conforme alla Costituzione, oppure cambiamo la Costituzione. Attualmente abbiamo i tre pilastri: Costituzione, codice penale e codice procedura penale, incompatibili tra di loro».

Il guardasigilli si è poi riferito alla spending review della legge di Bilancio che ha toccato anche via Arenula e il Dap. «Ho letto molte critiche sui tagli anche al nostro ministero: il taglio lineare che è stato fatto non era trattabile, come è giusto che sia. L’emergenza economica impone di devolvere queste riforme a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese».

Nordio ha spiegato di condividere le misure, ma ha aggiunto: «Spero di uscire presto dall’emergenza, e che ci siano altre risorse il prossimo anno. C’è il Pnrr, non ci si può muovere con grande elasticità ma proveremo a farlo, anche col bilancio interno del ministero. Cercheremo di rimodulare per evitare le criticità che derivano dai tagli lineari». Ha poi sottolineato nuovamente come «l’obiettivo delle riforme iniziali è avere un impatto positivo sull’economia del Paese. Anche per questo incontrerò i rappresentanti Anci per discutere di una profonda revisione dei reati che paralizzano l’amministrazione, della “paura della firma” o come preferisco dire io della “amministrazione difensiva”».

 

Il Dubbio

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