Sono passate le settimane e dopo le settimane sono passati i mesi. Eppure, nulla. Nessuno ci aveva ancora pensato, nessuno aveva ancora lanciato la ferale accusa. La madre di tutte le accuse, in effetti. Cominciavamo, dunque, a preoccuparci. Possibile che a 74 giorni dall’approvazione, alla Camera, della legge sulla separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti nessuno abbia ancora pensato ad evocare il famigerato Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli? Cominciavamo a disperare. Cominciavamo a pensare che, caso più unico che raro nella storia riformista della seconda Repubblica, per una volta gli oppositori di una riforma cara al governo in carica intendessero criticarla nel merito piuttosto che delegittimarne gli autori con l’accusa di piduismo di ritorno.
Era successo con la riforma costituzionale del centrodestra nel 2006, con la riforma Renzi-Boschi del 2016, con la presentazione in Parlamento del premierato meloniano nel 2024. Ma sulla separazione delle carriere ancora nulla. Vuoi vedere che… E invece no. Ecco, infatti, comparire oggi sulla Stampa di Torino un accorato commento firmato dal magistrato Gian Carlo Caselli e dall’avvocato Vittorio Barosio in cui si evoca esplicitamente il “Piano di rinascita democratica P2” che, al comma V dei “Provvedimenti istituzionali” previsti nel “medio e lungo termine” per l’Ordinamento giudiziario, propone, appunto, di “separare le carriere requirente e giudicante”. È la prova regina. La pistola fumante. La dimostrazione inconfutabile dell’intento sovversivo della riforma.
Che poi, a prendersi la briga di leggere tutte le otto paginette del Piano, si scopre che molte delle riforme proposte dalla loggia di Licio Gelli sono state in effetti attuate. Ad esempio. Al comma V della parte relativa all’Ordinamento del Governo si prevede la “soppressione delle province” che fu disposta nel 2014 dal ministro del Pd Graziano Delrio. Mentre al comma I della parte relativa all’Ordinamento del Parlamento si prevede “la riduzione del numero dei deputati… e dei senatori” imposta nel 2020 al sistema dei partiti dal Movimento 5stelle di Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Significa che la spada, anzi, il gladio della P2 è stata ritualmente poggiata sulla spalla dei grandi capi del Partito democratico del Movimento grillino? No, semplicemente non significa nulla.