L’Unione Europea è attualmente impegnata in negoziati decisivi riguardanti la legge sull’intelligenza artificiale, un processo che determinerà se questa normativa emergerà come un modello globale per un approccio progressivo e rigoroso alla regolamentazione dell’IA. Ciò include l’implementazione di norme stringenti per le applicazioni IA di alto rischio, la trasparenza obbligatoria e la protezione dei diritti fondamentali. Tuttavia, persiste il timore che questa legislazione possa subire l’influenza delle grandi corporazioni nel settore dell’intelligenza artificiale, degradandola a un semplice codice di condotta volontario. Questo scenario potrebbe aggravare le già presenti disparità di potere e gli impatti negativi dell’intelligenza artificiale sulla società. Gli eventi recenti di OpenAI, inclusi il controverso licenziamento e la successiva reintegrazione delCEO Sam Altman, e le potenziali dimissioni collettive dei dipendenti, riflettono la natura imprevedibile, volubile e ancora immatura del governo del settore.
Aggiungendo a ciò, le questioni legali di OpenAI legate all’uso non autorizzato di contenuti protetti da diritto d’autore nella formazione dei suoi modelli di intelligenza artificiale, insieme a una supervisione normativa e misure di sicurezza inadeguate, enfatizzano la necessità impellente di una legislazione chiara e globale sull’IA. Queste dinamiche critiche non dovrebbero essere lasciate alla sola autoregolamentazione delle entità commerciali operanti in ambito privato. Oltre all’AI Act, l’Ue ha introdotto regolamenti come il Digital Market Act e il Digital Services Act per limitare il predominio dei colossi tecnologici, promuovendo una concorrenza equa e la tutela dei consumatori. Nonostante ciò, la semplice regolamentazione del potere delle Big Tech non basta. La crescente dipendenza dell’Europa dall’importazione di tecnologie solleva preoccupazioni significative per la sua autonomia digitale e la competitività economica e industriale. Di fronte a questa sfida, l’Europa deve concentrarsi sull’investimento nel proprio settore tecnologico e sostenere soluzioni aperte, sovrane e indipendenti che riflettano i valori e le esigenze europee. È
fondamentale che l’UE intensifichi gli investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nelle infrastrutture pubbliche digitali. Promuovendo standard etici, indirizzando strategicamente sussidi e appalti pubblici, l’Europa può affermarsi come un leader tecnologico, dove l’innovazione serve il bene comune e enfatizza la necessità di un nuovo patto sociale nel tecno-capitalismo che affronti non solo le sfide immediate ma anche le implicazioni a lungo termine per l’occupazione,
i diritti dei lavoratori, la creatività, l’istruzione e le norme sociali.
Immaginiamo un futuro dove gli agenti di intelligenza artificiale diventano mediatori essenziali in tutte le nostre interazioni digitali, custodi della conoscenza umana. In questa nuova era di Internet, è cruciale che tali piattaforme rimangano aperte e universalmente accessibili, e non cadano sotto il controllo dei giganti tecnologici della Silicon Valley. Il controllo centralizzato di queste piattaforme potrebbe manipolare l’opinione pubblica, influenzare la cultura e amplificare pregiudizi legati a razza, genere, salute e classe sociale. Pertanto, è vitale che questi sistemi di intelligenza artificiale siano gestiti come beni comuni digitali, con un impegno costante verso la trasparenza, la responsabilità democratica e la supervisione pubblica. L’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk ha scatenato un acceso dibattito in Europa sull’urgenza di sviluppare piattaforme sociali native, regolate secondo principi democratici. Il modello di business attuale delle piattaforme
sociali e l’ingombrante influenza dei tycoon tecnologici nell’ambito pubblico intensificano le preoccupazioni relative alla diffusione di fake news, discorsi d’odio e ideologie estremiste. È imprescindibile che queste nuove piattaforme sociali europee siano costruite basandosi su principi come l’open source, l’interoperabilità e la privacy. Questo impegno mira a creare uno spazio pubblico digitale europeo che promuova valori di pluralismo, privacy e libertà di espressione, resistente alle manipolazioni dei movimenti populisti e agli interessi particolari.
In vista delle prossime elezioni europee, è fondamentale definire una strategia complessiva e destinare investimenti significativi. Un Fondo per la Sovranità Digitale dell’UE da dieci miliardi di euro potrebbe essere il trampolino di lancio per armonizzare e potenziare le iniziative nazionali ed europee ancora frammentate. Questo fondo sosterrebbe lo sviluppo di modelli e applicazioni di intelligenza artificiale aperti e sovrani, infrastrutture di dati, piattaforme europee per la diffusione di conoscenza e contenuti digitali, identità digitali che tutelano la privacy e sistemi di pagamento digitale. Tali strumenti sono cruciali per forgiare un’alternativa pubblica ai servizi e alle applicazioni digitali paneuropee, stimolando mercati open source e interoperabili in settori chiave come la mobilità intelligente, lo sviluppo urbano, l’assistenza sanitaria, la partecipazione civica, l’istruzione e la cultura, integrando le normative europee su fisco, diritti del lavoro e licenze.
Il progresso nelle infrastrutture digitali pubbliche nelle città europee sta raggiungendo traguardi significativi. Focalizzandosi su concetti come la cittadinanza digitale, la sovranità dei dati, le tecnologie che tutelano la privacy e l’autodeterminazione algoritmica di lavoratori e cittadini, l’Europa può emergere come un leader nella società digitale, ponendo le persone e l’interesse pubblico al centro delle sue politiche. L’Europa deve prendere l’iniziativa, tracciando un proprio percorso nell’era digitale e offrendo un’alternativa convincente al predominio tecnologico degli Stati Uniti e della Cina.
Questo modello, allineato agli obiettivi delle Nazioni Unite di promuovere e governare efficacemente i beni pubblici digitali, enfatizza il ruolo della tecnologia in armonia con i valori democratici, inserendosi in un contesto sociale più ampio che mira a promuovere la giustizia sociale e ambientale e a ridurre le disuguaglianze.
Il Sole 24 Ore