La ricchezza è creata solo dalle imprese e dai lavoratori. I governi non creano ricchezza. Va già bene quando riescono a fare in modo che imprese e lavoratori svolgano la loro funzione senza intralci e con adeguate difese dalla violazione delle regole. I governi intermediano i soldi presi ai contribuenti e destinati a pagare spese collettive. Più o meno assennate, dipende dai governi, ma anche dai cittadini che votano i governanti. Quei soldi non sono “dello Stato”, come se vi fosse un generatore esterno di quattrini, ma dei contribuenti onesti. Altri soldi possono essere presi in prestito, il che comporta impegnare quel che i contribuenti verseranno in futuro. Visto che si moltiplicano i fondi europei è bene che questa premessa sia chiara, ricordando che anche quelli sono soldi dei contribuenti. In quel caso europei.
La raccolta fiscale e la spesa pubblica hanno un senso positivo quando i soldi che prendo al contribuente li destino a rendere migliore la vita di tutti. E se li destino ad un altro contribuente, perché bisognoso, opero per la giustizia sociale, rendendo migliore la vita di tutti. Se prendo male la mira e consegno i soldi del contribuente onesto a un evasore fiscale, che allo Stato guercio sembra povero, rendo peggiore la vita di tutti. Ha un senso togliere soldi a chi li ha guadagnati, impedendogli di comprare una nuova chitarra, se riesco ad impiegarli per fare in modo che si investa e lavori meglio, talché la mancata chitarra odierna possa essere un contrabbasso domani. Veniamo a noi.
Oggi l’Italia è il principale percettore dei soldi dei contribuenti europei, versati nei fondi di Ngeu. Da una parte è un impegno verso tutti, dall’altra un’occasione da non perdere. Quel che è decisivo non è quanti ne prendiamo, meno ancora l’umiliante “quanti ce ne danno”, meno che mai il delirante “quanti ce ne siamo accaparrati”, ma: che ci facciamo. Se li si userà per recuperare arretratezze competitive, insufficienze strutturali, squilibri territoriali, ci avremo guadagnato noi e ci avranno guadagnato tutti i contribuenti europei, che vivranno in un mercato più dinamico e ricco. Per riuscirci, però, è necessario accompagnare la spesa per investimenti al lavoro per riformare e cambiare quel che non aveva funzionato. Se continui a prendere l’acqua con lo scolapasta l’importante non è a quanta acqua puoi attingere, ma quanto sei scemo, dissipatore e sempre a secco. Nessuno di noi crede che il mondo cambi aumentando le licenze taxi o mettendo a gara gli stabilimenti balneari, ma se non si è capaci di fare manco quello, se ci si cala le braghe davanti a cose così limitate, è segno che si stanno buttando i soldi. E se i contribuenti europei si arrabbiassero avrebbero ragione.
Ora si parla di un fondo sovrano europeo, destinato a tenere alta la competitività delle nostre imprese. Alla competitività, però, dovrebbero pensare da sole, semmai reclamando scuole funzionanti, giustizia efficiente e burocrazia non demente. Eppure quel fondo può servire, se destinato a compensare squilibri da altri introdotti: gli Usa aiutano le loro imprese nella transizione energetica? se non faremo altrettanto ci sarebbe uno svantaggio. Il che significa non dividere i fondi in quote Paese, ma destinarli all’obiettivo da raggiungere e alle imprese coerenti. Chi non ne ha non becca un soldo. Ma questo porta a un altro problema: chi stabilisce quali sono gli obiettivi giusti? L’impresa che li indovina cresce, quella che li sbaglia fallisce. Se sposto la decisione a livello politico resta solo il contribuente che paga e la pianificazione che impera.
C’è un long covid inquietante, consistente nell’uso smodato del termine: aiuti. E c’è un long covid letale: neanche più le forze politiche sembrano capire che questa è materia politica. Fondi e debito europei sono una meraviglia, ma occorre l’intelligenza, quindi la politica istruita, per stabilire cosa vogliamo ottenere e come. Mentre resta escluso che tu sia sovrano nello sprecare i soldi miei.