Il recente emendamento presentato dalla maggioranza in Senato, che prevede l’abolizione della ballottaggio nei Comuni con più di 15mila abitanti in favore di un sistema che elegge il sindaco con il 40% dei voti validi, rappresenta un passo indietro per la democrazia locale. Benché l’intento dichiarato sia quello di semplificare, risparmiare e velocizzare il processo elettorale, la proposta rischia di minare i principi fondamentali della partecipazione e della legittimità politica.
Immaginate una situazione in cui solo il 60% degli aventi diritto al voto si reca alle urne, come accaduto recentemente, con l’affluenza che si è fermata al 62,66% nelle ultime elezioni comunali. In un simile scenario, un candidato che ottiene il 40% dei voti validi non rappresenterebbe nemmeno la metà degli elettori, ma solamente il 24% del totale degli aventi diritto al voto. Perciò, il candidato vincitore, pur non avendo il sostegno della maggioranza dei cittadini, risulterebbe comunque eletto.
Il fine di ogni sistema elettorale dovrebbe essere quello di garantire che chi viene scelto rappresenti realmente la maggioranza dei cittadini. In questo senso, la seconda votazione costituisce una garanzia di legittimità, poiché permette agli elettori di fare una scelta più consapevole, confrontando i due candidati che hanno ricevuto il maggior consenso. Non si tratta di un mero gioco di numeri, ma di una vera e propria espressione della volontà popolare. Eliminare il doppio turno, pertanto, porta con sé il rischio di eleggere un sindaco che non ha il consenso della maggioranza assoluta ma solo una minoranza relativa.
Non è la prima volta che il centro destra prova a proporre questa idea. In passato, un emendamento simile era stato avanzato dalla Lega e poi ritirato, proprio per le numerose obiezioni sollevate da esperti di diritto elettorale. Riproporlo oggi, senza una riflessione approfondita sulle sue conseguenze, sembra più un tentativo di risolvere problemi immaginari che una vera necessità di riforma. L’Italia è una delle poche nazioni in cui il sistema del ballottaggio per le elezioni comunali è in grado di mettere sulla bilancia le istanze della minoranza con il diritto della maggioranza a scegliere il proprio traghettatore. Modificare una legge elettorale che, pur con i suoi difetti, garantisce una scelta più democratica, non solo è inutile, ma creerebbe squilibri nel funzionamento delle amministrazioni locali.
La Francia, con il suo sistema a doppio turno, non è un’eccezione, ma un esempio di come il ballottaggio possa rafforzare la legittimità di un governo locale. Questo sistema è notevolmente efficace perché assicura che a scegliere il sindaco sia una grande maggioranza degli elettori. Così, non solo rafforza la legittimità del vincitore, ma promuove anche una maggior rappresentatività, in quanto evita che una figura politica venga eletta con una percentuale di consensi troppo bassa rispetto all’intera comunità.
Si eviti, dunque, di stravolgere una legge che, seppur non perfetta, è una delle poche che davvero funziona a favore della maggioranza dei cittadini.
Una democrazia “a metà” non è una democrazia che può funzionare a lungo termine.
Pubblicato sul settimanale “La Lomellina”