Servono più soldi. Qualsiasi problema italiano sembra legato all’esiguità dei fondi a disposizione, essendo il medesimo Paese in cui si dubita di riuscire a spendere in tempo la pioggia di quattrini messa a disposizione dall’Unione europea. Ci sono o no, mancano o no, questi soldi? Spesso sono solo delle scuse.
Leggo una dichiarazione del procuratore del tribunale dei minori, in quel di Milano: <<Non servono grandi trasformazioni (…) quello che manca sono risorse e investimenti>>. Al Beccaria di Milano manca un direttore che sia tale da venti anni. Supporre che si risolva con più soldi è non solo irreale, ma pure offensivo.
Giusto ieri abbiamo pubblicato una pagina dedicata alla spesa sanitaria, con dati elaborati dalla Fondazione Hume, scoperta: i tagli alla spesa sanitaria, di cui tantissimi parlano per sentito dire, non ci sono stati; la spesa, in valore assoluto, è sempre cresciuta, con due piccole e limitate flessioni; il rapporto percentuale con il prodotto interno lordo è anch’esso crescente nel tempo, ma in maniera più contenuta e con oscillazioni più considerevoli. Significa che la spesa esistente è sufficiente? Non è detto, perché il tema non è solo quello dell’inflazione (che per molti anni neanche si è vista), ma delle modifiche strutturali alla spesa, delle diverse terapie e medicinali, sicché si richiedere un’analisi molto disaggregata dei bisogni. Ma niente, la voce collettiva dice solo: più soldi. Invocazione che pare trovare conferma nei dati europei, visto che la nostra spesa sanitaria pro capite (€ 2.609) è inferiore alla media Ue (€ 3.159) e nettamente inferiore a quella francese o tedesca (rispettivamente € 3.807 e 4.831). Per stare al pari degli altri si deve spendere di più.
Ma mica detto. In Germania l’assicurazione sanitaria è obbligatoria, il suo prezzo è parametrato al reddito e solo un quarto degli ospedali è pubblico. In Italia l’intera spesa privata per le prestazioni sanitarie neanche è contabilizzata nei dati aggregati (e una parte è pure in nero, da qui l’opportunità che i medici siano tenuti ad accettare pagamenti con il Pos). Se sommassimo le spese non saremmo poi distanti da altri, con il solito paradosso che chi è onesto con il fisco paga pure due volte. La nostra industria farmaceutica ha aumentato, in un anno, del 44.1% le esportazioni (nel manifatturiero cresciute del 20%), che non pare un segnale di penuria.
Reclamare sempre più soldi serve a nascondere le disfunzioni frutto di cattiva gestione, assente organizzazione, mancata valutazione dei risultati, a non fare i conti con la regionalizzazione, le troppe centrali d’acquisto, le convenzioni con i privati fino ad esaurimento dei fondi, a far passare sotto silenzio che il 31 dicembre sarà disattivata l’applicazione “Immuni”, che non ha mai funzionato, l’abbiamo pagata e ora si butta via. Ecco a cosa serve dire sempre che mancano i soldi, a non contare quelli che si buttano.
Come una famiglia che ha una finestra sfondata mentre nevica, sente freddino e propone: aumentiamo la spesa per il riscaldamento. Forse serve pure, ma, per evitare di spendere per spandere il caldo altrove, prima si ripari la finestra, altrimenti di sfondato si ritroveranno anche il bilancio. Cosa che all’Italia è già accaduto, senza che si mostri di avere capito e imparato.
La Ragione