Il problema non è lo spezzatino, ma il menu. È rilevante a chi sono intestate le azioni di una società quotata, ma lo è ancora di più sapere cosa intenda farne, quale strategia abbia, a quali risultati punti. Su quelle basi si può anche valutare la difesa degli interessi collettivi. Non è un concorso di simpatia. Lo spezzatino, di suo, non è un male: provate a mangiare un bue intero e avrete delle difficoltà, se non siete degli sciacalli; provate a prendere una fetta di tenerone, muscolatura del collo, e farla in padella: sarà perfetta per risuolare le scarpe. Lo spezzatino valorizza pezzi altrimenti non masticabili. Allora, prima di strologare sul taglio o sul nome del cuoco, approfondiamo le condizioni del menu Tim.
1. Perché la società sia straindebitata lo abbiamo raccontato ieri: colpa di chi la scalò senza avere i soldi per farlo e colpa di chi glielo consentì (a proposito: la Consob dell’epoca ha pesanti responsabilità). Il perché vada male risiede nell’assenza di strategia e visione. Campano di rendita, data dalla rete di connessione, l’ultimo miglio, pagata a suo tempo dai contribuenti e dai clienti di Sip. Difendere questa roba ha lo stesso significato di difendere Alitalia (un mesto pensiero) o Monte dei Paschi di Siena (un preoccupato pensiero): feticismo a spese altrui.
2. Il governo dispone del Golden Power (qualcuno si ricordi di ringraziare il governo Monti), con il quale può difendere, dall’acquisto straniero, aziende d’interesse strategico. Prima d’invocarlo si tenga presente che Tim è già stata venduta (due, o, meglio, tre volte) all’estero e che lo Stato Italiano, per il tramite di Cassa depositi e prestiti è il principale azionista del concorrente nella stesura delle reti. In ogni caso, perché vi sia un interesse strategico occorre ci sia una strategia.
3. Dentro Tim è già stato predisposto uno spezzatino, separando la rete dal commerciale, per evitare sanzioni e attacchi, ma, soprattutto, sperando di farsi pagare per la rendita dell’ultimo miglio e, nella società che ha la rete, indovinate chi è il socio? Kkr. Mentre si discute di spezzatino lo si è già servito, con patate.
4. Dentro la pancia di Tim c’è una società, Sparkle. Nacque da una divisione di Italcable (1987) e gestisce nodi delicati di reti internazionali, comprese terminazioni da Israele. Ragione per cui è sottoposta a Golden Power per ben giustificati motivi di sicurezza nazionale e non solo nazionale. Gli azionisti influenti di casa madre, nel tempo, sono stati italiani, spagnoli, francesi. Ora si candidano gli americani. Questo boccone dello spezzatino non può finire in bocca ad altri che ad esponenti del nostro mondo geostrategico. Meglio ricordarlo, prima che si riprovi il brivido di governi vanesi e vaneggianti, capaci di firmare vie della seta in nome del sovranismo.
5. Nel mondo della fisiologia sono gli azionisti a scegliere i manager, possibilmente fissando loro degli obiettivi. Nel mondo della patologia sono i manager a scegliersi gli azionisti, puntando a restare senza strategia. Che cambino gli azionisti per non cambiare il management non è Tomasi di Lampedusa, è Macario.
6. La questione dello spezzatino si pone perché, in assenza di strategia, il valore totale di Tim è inferiore alla somma del valore delle sue parti. Se un bue intero vale meno dei quarti dello stesso bue, non esiti a farlo a pezzi. Se a lanciare l’offerta di acquisto non è neanche un soggetto che viene da fuori, ma che sta dentro la macelleria, nel mentre chi è azionista della macelleria chiede di mandare via i manager, l’impressione è che i coltellacci abbiano già fatto gran parte del lavoro.
Ergo, per concludere: il governo non deve giocare al piccolo imprenditore e nemmeno al piccolo azionista, ma deve chiedere a ciascuna delle parti cosa intende fare. Solo dopo che questo sarà noto potrà decidere se uno dei brani dovrà essere sottratto al mercato e ai mercanti, spiegando il perché. Il resto è chiacchiericcio politicante, che a Telecom ha già prodotto guasti enormi, depredando gli italiani in nome di una fasulla italianità.
La Ragione