Prefazione di Antonio Zanfarino
Negli Studi sul potere, scritti fra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Sessanta e pubblicati per la prima volta in volume nel 1965, Pompeo Biondi esprime una decisa reazione polemica contro l’autoritarismo, il collettivismo, il totalitarismo, ed elabora una concezione della libertà individuale non astratta, e perciò più adatta a comprendere e affrontare la modernità.
Le istituzioni della libertà sono da intendere per Biondi come un metodo rivolto, prima ancora che a legittimare chi comanda, ad educare gli individui all’autogoverno, e a suscitare in loro la coscienza critica della contraddittorietà del potere.
Il liberalismo di Biondi converge perciò col costituzionalismo inteso come teoria e pratica dei limiti storici, politici, giuridici, economici del potere. Limiti storici, perché la storia malgrado tutto rimane storia della libertà. Limiti politici e giuridici perché non è ammissibile che ordinarsi voglia dire subordinarsi. Limiti etici perché nessun potere è autorizzato a fare ufficio di Dio in terra. Limiti economici perché lo Stato diviene dispotico se pretende di dirigere integralmente le attività produttive dei cittadini e di prelevare a suo arbitrio le risorse create dalle loro libere intraprese.