La chiarezza che manca sull’immunità parlamentare

La chiarezza che manca sull’immunità parlamentare

Ilaria Salis è stata eletta e presto verrà scarcerata, e la ritengo un’ottima notizia. Vedere una detenuta in catene – a prescindere dall’accusa e dalle idee politiche – dovrebbe ripugnare chiunque, specialmente se accade in un paese europeo e ripetutamente condannato per violazione dei diritti umani (mai quanto l’Italia, comunque). Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni sono stati bravi e coraggiosi: avessero fallito il quorum, per Salis sarebbe stata una tragedia. Temo però molti ignorino che l’immunità europea è più forte di quella italiana: per l’europarlamentare Salis il processo sarà sospeso e riprenderà soltanto quando non sarà più in carica; per un parlamentare italiano andrebbe avanti, con ritorno in carcere in caso di condanna definitiva. E qui c’è un problema non da poco.

Sia Bonelli sia Fratoianni sono sempre stati fieri avversari dell’immunità parlamentare, o perlomeno dei tentativi di renderla piena com’era prima della riforma del ’93, in pieno giacobinismo da Mani pulite. Ricordo quando un indignato Bonelli minacciò il referendum contro l’ipotesi – avanzata da Silvio Berlusconi e giudicata un odioso maneggio da casta – di un’immunità che portasse alla sospensione dei processi, proprio quello che succede nell’Europarlamento e di cui godrà Salis, grazie a Bonelli.

Però o una legge è buona e vale sempre e per tutti, oppure non è buona e non vale mai per nessuno. E siccome considero Bonelli una persona seria, sono sicuro (quasi sicuro) che domattina, insieme a Fratoianni, depositerà una proposta di legge per reintrodurre in Italia un’immunità piena come quella europea, come quella per Salis.

 La Stampa

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