Si intitola “Iran a mani nude. Storie di donne coraggiose contro ayatollah e pasdaran” e non è solo un libro. È un atto d’amore, una testimonianza civile, un segno di speranza.
Dopo la barbara uccisione, il 16 settembre 2022, della giovane curda iraniana Masha Amini, noi della Fondazione Luigi Einaudi assistemmo increduli e in fondo commossi all’eroica sollevazione delle donne iraniane contro il regime dei mullah. Organizzammo convegni, invitammo, attraverso il presidente Giulio Terzi di Santagata, la nota dissidente Masih Alinejad, allestimmo incontri e dibattiti. Ma non ci parve sufficiente. Serviva un’iniziativa in grado di scuotere le coscienze. Un’iniziativa capace di raggiungere ed emozionare un’opinione pubblica distante, fin troppo ripiegata su se stessa. Fu allora che mi rivolsi a Mariano Giustino.
Corrispondente da Istanbul per Radio Radicale, Mariano era il giornalista italiano che più e meglio di altri stava raccontando l’intrepida e in fondo spavalda resistenza delle donne iraniane. Ogni sabato, sotto il titolo “La libertà svelata, storia di donne coraggiose”, Mariano Giustino raccontò sul sito della Fondazione Luigi Einaudi la storia umana e, di fatto, politica, di una vittima del regime teocratico di Teheran. Hadis Najafi, Armita Abbasi, Yalda Aghafazli, Maryam Arvin, Madineh Sabzevan… Ragazze qualsiasi, non diverse dalle nostre figlie e dalle nostre nipoti. Ragazze che, però, hanno avuto il coraggio di scendere nelle piazze iraniane senza l’hijab per reclamare la propria libertà: il diritto di esistere in quanto persona. Persona libera. E per questo sono state arrestate, imprigionate, violentate, mutilate, uccise.
In una prospettiva liberale non esistono i generi, così come non esistono le caste, i censi, né le classi sociali: tutti hanno gli stessi diritti, tutti devono avere le stesse possibilità. Già nel 1869 John Stuart Mill contestava “la servitù femminile” e inseriva nella narrazione liberale l’uguaglianza tra i sessi e i diritti politici delle donne. Personalmente credo che la condizione femminile sia un ottimo indicatore del grado di liberalismo di ogni società. È pertanto difficile immaginare una società più illiberale più di quella iraniana.
Per questo le corrispondenze di Mariano Giustino hanno rappresentato per noi non solo una testimonianza storica imprescindibile, ma un prezioso strumento di diffusione dell’ideale liberale. Per questo il libro di Giustino, opportunamente rimaneggiato ed arricchito rispetto alle sue corrispondenze, è per noi motivo di orgoglio.
Nella ricca introduzione all’edizione di Rubettino, Giustino racconta la storia dell’Iran e quella, più generale, del rapporto tra le donne, la loro estetica e i regimi teocratici islamisti. Ricorda anche, ed è utile farlo, che prima della rivoluzione khomeinista del 1979 le donne iraniane erano libere, giravano a capo scoperto e indossavano la minigonna come le loro coetanee occidentali. Poi, la cappa del fondamentalismo islamico è calata su di loro.
Teorizzare la loro possibile liberazione, dunque, non è una forma di utopismo. E il giusto riconoscimento alle infinite potenzialità della natura umana. “Se la Repubblica islamica dovesse cadere, quella iraniana diventerebbe la prima Rivoluzione riuscita nella storia del Medio Oriente dal 1979 e rappresenterebbe quello che per l’Europa ha rappresentato la Rivoluzione francese”, scrive Giustino. E allora, allons enfants, è dovere morale di ciascuna persona libera fare il possibile perché ciò accada.