Da liberale, ho letto, senza la presunzione di averli integralmente compresi, gli scritti di Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises e sono consapevole che la concorrenza è il motore dello sviluppo umano, ciò che prima di ogni altra cosa, nel campo della tecnica, favorisce la ricerca e l’innovazione. Quindi sono estremamente consapevole del ruolo nefasto del concetto di monopolio e di quanto esso possa rallentare, se praticato, la ricerca scientifica, soprattutto in settori strategici, altamente tecnologici e superbamente importanti per la qualità della vita.
In quest’ottica, i monopoli privati possono essere pericolosi tanto quanto i monopoli di Stato. Oggi, che l’umanità è sferzata dal SARS-CoV-2, abbiamo compreso quanto importante sia la ricerca scientifica in ambito medico, grazie alla quale sono stati sviluppati e commercializzati i vaccini che attenuano la gravità della malattia. Se nel campo della ricerca scientifica fosse esistito un monopolio di stato o non fosse stata tutelata la proprietà intellettuale sui brevetti, con assoluta probabilità non si sarebbe arrivati ad avere i vaccini anti-covid in così breve tempo. Ciò premesso, la sperimentazione sul campo dei vaccini anti-covid ha dimostrato l’efficacia degradante nel tempo della copertura immunitaria che i suddetti vaccini assicurano contro il Virus. Sotto un profilo strettamente economico, ciò porta ad un apparente cortocircuito: le aziende che producono i vaccini, consapevoli di avere raggiunto una posizione di restrittissimo oligopolio nella produzione e offerta di questi farmaci, potrebbero rallentare la ricerca di nuovi e più efficaci prodotti per soddisfare la domanda di salute che il mercato sanitario mondiale reclama.
Vi è pertanto una condizione di oligopolio privato, ma forse si potrebbe parlare anche di monopolio globale plurisoggettivo, tra pochissimi produttori, irrigidito anche da misure protezionistiche praticate dai paesi occidentali, che lede i principi economici del libero mercato e della concorrenza. Ci troviamo, pertanto, in una condizione straordinaria, in uno stato di emergenza mi verrebbe da scrivere. In questa condizione straordinaria, alla luce delle fluttuazioni costantemente al rialzo del valore di mercato delle imprese titolari dei brevetti sui vaccini anti-covid e alla luce dell’enorme fatturato già prodotto per la commercializzazione di questi farmaci, ampiamente sufficiente a remunerare i costi di investimento, il rischio di impresa e il legittimo guadagno, credo che sarebbe da riconsiderare l’opportunità che si proceda ad una liberalizzazione, su base internazionale, dei brevetti sui vaccini anti-covid già prodotti. Se quanto appena detto, può apparire eccessivo, si consideri anche che Pfizer-BioNtech, Johnson & Johnson, Novovax e AstraZeneca, hanno già goduto di circa 100 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici per lo sviluppo dei vaccini. Quindi non si tratta di un prodotto (il vaccino) esclusivamente privato, bensì di un farmaco sviluppato anche grazie ad un imponente finanziamento pubblico.
Cosa avrebbero pensato al riguardo Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises? Sarebbero stati favorevoli o contrari? Non lo sappiamo! Ma forse in questo modo si assicurerebbe non soltanto la libera concorrenza tra le industrie farmaceutiche, si eviterebbero concentrazioni di mercato preoccupanti ma si spingerebbero le stesse ad investire ancora più risorse nella ricerca scientifica, nella speranza di riuscire a trovare la strada per un vaccino “definitivo”, che non intrappoli le istituzioni pubbliche nell’imposizione di vaccini di “breve durata”. Sotto altro aspetto, la liberalizzazione dei brevetti garantirebbe la possibilità ad altre imprese farmaceutiche di produrre farmaci ad un costo che sarebbe sempre più concorrenziale, a tutto beneficio del mercato ma anche dei paesi meno sviluppati economicamente, che si troverebbero così nella possibilità di approvvigionarsi.