Sarebbe saggio il governo indicasse Enzo Moavero Milanesi quale componente italiano della futura Commissione europea. Si tratta del primo atto formale da farsi, subito dopo l’insediamento, e sarebbe bene non sbagliare nella sostanza, ma neanche nella forma.
La retorica di quanti criticano il ribaltonismo (dopo averlo praticato) o proclamano la via delle elezioni anticipate come la sola democratica sta a zero. Raccontano balle. Si è votato l’anno scorso e nuove elezioni sarebbero una patologia, non una conquista. Naturalmente ci saranno, ove non si raccolga una nuova maggioranza parlamentare, ma se si raccoglie, legittimamente, non si terranno. Posto ciò, però, per il Parlamento europeo si è votato tre mesi fa, non si può non tenerne conto.
I sovranisti sono stati battuti, in Europa. Evviva. Lo prevedevamo, ma siamo felici anche di constatarlo. In Italia, però, di vincitore ce n’è uno solo: la Lega di Salvini. Gli altri sono stati tutti variamente sconfitti: dalla débâcle alla ridotta. È temerario non tenerne conto.
Sento girare nomi di tutto rispetto, per il ruolo di commissario europeo. Faccio un solo esempio: Paolo Gentiloni. Ottimo. Farebbe benissimo. Ma è il presidente di uno dei partiti sconfitti. Sarebbe un azzardo, una beffa per i tantissimi che hanno votato in direzione opposta. Questo significa che un governo che si proclama europeista (lo vedremo nel concreto, per ora siamo allo sbandierare l’opposto di quel che gli stessi dicevano prima) deve nominare un euroscettico, se non un euroostile? No, affatto. Nomini Enzo Moavero Milanesi, non contestato ministro degli esteri, facente parte del medesimo governo in cui (ancora) siedono i vincitori e non partecipe di alcuna forza sconfitta.
Per carità, con le girelle che ci sono in circolazione tali caratteristiche non lo mettono certo al riparo dagli attacchi, ma con una enorme differenza: entreranno anche quelli nel raccoglitore della demagogia irresponsabile e incoerente. Cosa ben diversa dall’offrire loro un fondamento.